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Michele Santoro

Tutto quello che c'è da sapere su Michele Santoro, il popolare giornalista tv storico conduttore di Annozero e Samarcanda

Classe 1951, Michele Santoro è un giornalista, un conduttore e un autore televisivo. Nella sua vita vive anche una parentesi politica. Servizio Pubblico non è solo il nome di un suo noto programma, ma indica la sua visione del giornalismo.

Dopo la laurea in filosofia a Salerno, sua città natale, Michele Santoro inizia la sua militanza politica, con Unione Comunisti Italiani, e la sua carriera giornalistica, con il periodico di partito Servire il popolo. Successivamente collabora con La Voce della Campania del Partito Comunista Italiano, dal quale viene allontanato per le sue posizioni non in linea con il giornale. Dopodiché scrive per Epoca, Il Mattino e L’Unità.

Michele Santoro, la carriera televisiva

Inizia il suo percorso in Rai come conduttore e autore radiofonico. Nel 1982 apre e chiude una breve parentesi al TG3. Presenta e scrive programmi televisivi come Tempo Reale, Il Rosso e il Nero e Samarcanda. Nel 1991 pubblica Oltre Samarcanda e, nel 1995, Michele chi?, con cui vincerà il Premio Cimitile tre anni dopo.

Con la vittoria de L’Ulivo alle elezioni politiche del 1996 cambiano i vertici Rai, i rapporti cambiano e non gli permettono di continuare, motivo per cui decide di passare a Mediaset. È in questo periodo che diventa direttore di Moby Dick, in onda su Italia Uno. Il suo modo di raccontare la guerra in Kosovo solleva non poche polemiche da parte dei politici, che lo definiscono fazioso.

Torna in Rai nel 1999. A Silvio Berlusconi, successivamente dirà: “Berlusconi! Io sono dipendente del servizio pubblico, non sono un suo dipendente!”. Apre un nuovo capitolo con la trasmissione televisiva Circus. È del 2000 Sciuscià. Su Rai 2 scrive e conduce Il Raggio Verde. Dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, si dedica a Siamo tutti americani? e a una serie dal titolo Emergenza Guerra.

Il caso Satyricon e le polemiche a Michele Santoro

È del 2001 l’intervista di Daniele Luttazzi al giornalista Marco Travaglio durante una celebre puntata di Satyricon. Si parla della nascita di Fininvest, dei rapporti di Berlusconi con il boss della mafia Vittorio Mangano e dell’intervista a Paolo Borsellino due giorni prima dell’attentato di Capaci.

Questa intervista viene ripresa proprio da Michele Santoro, durante una puntata de Il Raggio Verde, che rimanda in onda la versione integrale delle dichiarazioni del giudice Borsellino, in cui parla di un’indagine della procura di Palermo su Berlusconi, Marcello Dell’Utri e il boss Vittorio Mangano.

Non tardano ad arrivare le reazioni di Forza Italia, che manda un esposto all’AGCOM, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, accusandolo di aver violato la par condicio, per non aver concesso al centro-destra di replicare. Il garante rigetta le accuse. Questa, però, non è l’unica occasione in cui la politica accusa Michele Santoro di faziosità e chiama in causa l’AGCOM.

Michele Santoro, l’editto bulgaro e l’allontanamento dalla Rai

Nel 2001 Sciuscià viene promosso in prima serata, sostituendo di fatto Il Raggio Verde. Anche in questo caso non mancano gli attacchi da parte della politica. In quello che viene ribattezzato Diktat bulgaro, Berlusconi accusa il programma di “un uso criminoso della televisione pubblica”.

La replica di Michele Santoro non si fa attendere, che definisce il Presidente del Consiglio “un vigliacco, che abusa dei suoi poteri per attaccare persone più deboli di lui, alle quali non concede il diritto di difesa”. Il giorno successivo, il giornalista inizia la puntata intonando “Bella ciao”.

Successivamente, Santoro invita in trasmissione Maurizio Costanzo, il quale dichiara: “A me spiace dirlo in questo momento, ma se penso a Mentana, a me, ad Antonio Ricci, alle Iene e alla Gialappa’s, mi appare molto più libera Mediaset rispetto alla Rai”. Un’affermazione, questa, che fa infuriare i vertici Rai, non favorevoli oltretutto alla presenza del conduttore in trasmissione. Il 31 maggio va in onda l’ultima puntata di Sciuscià, per “motivi di tutela aziendale”.

È così che comincia la battaglia legale di Michele Santoro per riavere il suo posto. Nel 2002 il tribunale ordina alla Rai di ricollocarlo nel suo precedente ruolo professionale. Nel 2003 viene respinto il conseguente ricorso, a conferma della prima sentenza.

Michele Santoro, l’esperienza in politica

Mentre continua il processo legale contro la Rai, per Michele Santoro diviene prioritaria la "battaglia per la libertà di informazione", che traduce in un impegno politico di circa un anno. Viene eletto eurodeputato, aderendo al gruppo parlamentare del Partito del Socialismo Europeo con Lilli Gruber. È del 2005 la sentenza che condanna la Rai al risarcimento danni di 1.400.000 euro e al reintegro del giornalista nelle sue funzioni in prima serata. Ne conseguono le dimissioni da europarlamentare.

Il ritorno in televisione di Michele Santoro

Annozero è un programma politico post-elezioni che conduce Michele Santoro. Si occupa di migranti, precariato e temi sociali di attualità. Tornano le polemiche e le accuse di faziosità da parte del centro-destra, ma anche di colleghi come Lucia Annunziata.

Nel 2010, viste le vicine elezioni regionali, la Rai decide di sospendere tutti i talk show politici. Devono fermarsi anche Ballarò, l’Ultima Parola e Porta a Porta.

La ribellione di Michele Santoro si traduce in una diretta tv, radiofonica e online dal PalaDozza di Bologna. Raiperunanotte è il titolo di una puntata speciale, una sorta di spin off di Annozero. Il successo ottenuto viene definito dal giornalista una “scossa tellurica nel sistema della televisione italiana”.

Nello stesso anno Santoro riceve il premio giornalistico Nicola Abbagnato. La motivazione sintetizza il percorso professionale del giornalista: “Michele Santoro da oltre vent'anni è impegnato in un coraggioso e difficile lavoro di approfondimento giornalistico televisivo, che è anche un raro esempio di informazione non pregiudizialmente schierata, e che lo ha portato a collezionare un uguale numero di polemiche e di scontri con governi di colori opposti”. Nel 2011 si chiudono i rapporti con la Rai in maniera consensuale.

Subito dopo sembra concluso l’accordo per il passaggio di Michele Santoro a LA7. Alla fine però non si firma e il giornalista chiama in ballo il duopolio televisivo Rai-Mediaset e il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi. Per le sue dichiarazioni, il giornalista viene citato in giudizio per danni da Mediaset.

Michele Santoro, per la stagione televisiva 2011-2012, dà vita a Servizio Pubblico, attraverso le televisioni locali e lo streaming. Trova un accordo anche con Sky, Cielo e Il Fatto Quotidiano. Riceve anche il contributo pari a 10 euro da 100mila spettatori. Nello stesso anno dichiara di volersi candidare “provocatoriamente” alla direzione generale della Rai, notizia poi smentita.

Nel 2012 Servizio Pubblico sbarca su LA7, mantenendo il suo carattere indipendente e di autoproduzione, fino al 2015. L’anno dopo Michele Santoro si dedica a un nuovo programma dal titolo AnnoUno, ma lascia la conduzione a Giulia Innocenzi.

Nel 2016 acquista il 7% de Il Fatto Quotidiano, formando un comitato di garanti, ma il sodalizio dura poco a causa di diversità di vedute. È l’anno in cui torna in Rai con la trasmissione Italia e, nel 2017, con uno speciale di due puntate dal titolo M.

Michele Santoro e le minacce di morte

Nel 1993 dopo l’attentato di via Fauro, dove rischia di morire Maurizio Costanzo su ordine del boss Totò Riina, a Michele Santoro viene proposta una scorta. Il suo programma Samarcanda, infatti, dopo l’omicidio di Libero Grassi, è collegato al Maurizio Costanzo Show. Il giornalista, però, rifiuta la protezione da parte dello Stato.

Nel 2009 riceve, presso gli uffici Rai, una lettera con un proiettile e la scritta "morirai". Ne scaturisce un’indagine della Digos e l’apertura di un fascicolo contro ignoti da parte della procura di Roma.

L’anno dopo, alla redazione palermitana di Repubblica, arriva una busta con all’interno un proiettile. Le minacce di morte sono indirizzate al procuratore antimafia Antonio Ingroia, al collega Sergio Lari. Vengono chiamati in causa anche i giornalisti Michele Santoro e Sandro Ruotolo, il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza e Massimo Ciancimino.

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