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La pista dello zio nel caso Orlandi e l'ira del fratello Pietro: "Vaticano vuole verità di comodo, carogne"

La nuova pista arriva da un carteggio tra l'ex segretario di Stato Vaticano e un sacerdote risalente al 1983, in cui si parla di molestie a una nipote

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Nel mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi spunta l’ennesima pista, ma stavolta punta in famiglia. Le indagini sarebbero rivolte verso lo zio defunto, Mario Meneguzzi, che in passato avrebbe molestato la sorella maggiore di Emanuela, Natalina. Ma per Pietro Orlandi si tratta di un tentativo di sviare le indagini e scaricare la responsabilità sulla famiglia.

Nuovi documenti

Dopo la pista del terrorismo internazionale e delle molestie all’interno del Vaticano, un nuovo scenario, presentato in un servizio sul Tg di La7, risiede in documenti consegnati dalla procura della Santa Sede a quella di Roma.

Le carte consegnate dal promotore di giustizia Vaticana, Alessandro Diddi, sono uno scambio di lettere tra l’allora segretario di Stato, Agostino Casaroli, e un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Giovanni Paolo II.

La corrispondenza risale al 1983, quando Emanuela era scomparsa già da tre mesi. 

Nello scambio Casaroli interroga il sacerdote su una questione specifica: vuole avere conferma del fatto che la sorella maggiore di Emanuela, Natalina, gli abbia mai rivelato di essere stata molestata sessualmente dallo zio, Mario Meneguzzi.

La pista dello zio

Mario Meneguzzi era il marito di Lucia Orlandi, sorella del padre di Emanuela. Alla domanda di Casaroli, il sacerdote aveva confermato le molestie dell’uomo nei confronti della nipote.

“Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio – si legge nelle carte – me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima”.

A quanto risulta, Casaroli era stato sollecitato da alcuni ambienti investigativi romani ad approfondire la questione. Ma la pista era già stata aperta e in parte seguita, per poi essere abbandonata insieme a tante altre.

La replica di Pietro Orlandi

Alla notizia data dal servizio di La7, Pietro Orlandi replica con rabbia: “Oggi ho capito che sono delle carogne. Hanno deciso di scaricare tutto sulla famiglia, senza vergogna, senza vergogna, mi fanno schifo”, ha scritto su Facebook.

L’apertura della Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela ha certamente dato un’accelerazione alle indagini. “Nessuno ci ha avvisato della messa in onda del servizio: domani (11 luglio ndr) nel corso di una conferenza stampa, avremo modo di spiegare il nostro pensiero su tutto questo” è il commento all’AGI dell’avvocata che segue la famiglia Orlandi, Laura Sgrò. “Di questa vicenda – ha aggiunto l’avvocata – si era già occupata la magistratura italiana nei primi anni Ottanta senza arrivare ad alcun esito. Spero che queste non siano le uniche carte, che non sono affatto una novità, che la procura Vaticana ha inviato alla procura di Roma”.

La conferenza stampa

Alle ore 16 di martedì 11 luglio Pietro Orlandi, Natalina Orlandi e l’avvocato Laura Sgrò hanno tenuto una conferenza all’Associazione della stampa estera a Roma:


La conferenza stampa di Pietro Orlandi, Natalina Orlandi e l’avvocato Laura Sgrò

Pietro Orlandi ha dichiarato che vorrebbe “incontrare il Papa privatamente per dirgli delle carogne che gli girano intorno. Qualcuno in Vaticano cerca un modo per scaricare la responsabilità sugli altri, addirittura sulla famiglia”.

E ancora: “Spero in una dichiarazione del procuratore Lo Voi e del promotore Diddi. Non si può rimanere in silenzio”.

Sulle presunte molestie: “Una notizia fatta uscire apposta, per spostare l’attenzione. Perché si sposta l’attenzione su mio zio?“.

Gli fa eco la sorella, Natalina: “Escludiamo che mio zio abbia fatto delle avances a Emanuela. E ripeto, nel mio caso, sono state sono delle avances verbali se fosse andato oltre non sarei stata zitta”.

emanuela-orlandi-pista-zio Fonte foto: ANSA
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