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Per la Cassazione il saluto romano commemorativo può essere reato, depositate le motivazioni della sentenza

La Cassazione si è espressa sul saluto romano commemorativo che può essere reato, con le motivazioni della sentenza che chiariscono i punti

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La Cassazione ha deciso che il saluto romano commemorativo potrebbe essere reato, con una sentenza le cui motivazioni sono destinate a fare giurisprudenza.

Il saluto romano e la possibilità di reato

A esprimersi, dando una valutazione sul saluto romano, sono state le Sezioni Unite di Cassazione. I giudici, nelle motivazioni della sentenza con cui il 18 gennaio scorso hanno disposto un processo di appello bis per otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il saluto nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016, hanno infatti detto la loro sul gesto.

Motivazioni nelle quali si legge che il carattere commemorativo del saluto non implica automaticamente una neutralizzazione del reato che dovrà essere considerato in base a diversi “elementi di fatto”.

Quando il saluto romano è reato?

Per valutare se il saluto romano implichi reato, fanno sapere le Sezioni Unite di Cassazione, vanno considerati “il contesto ambientale, la valenza simbolica del luogo, l’immediata o meno ricollegabilità al periodo storico, il numero dei partecipanti e la ripetizione dei gesti”.

Tutto ciò va considerato anche in base al possibile “pericolo di emulazione” insito nel reato secondo i principi enunciati dalla Corte costituzionale.

Nello specifico, però, con la sentenza n.16153 depositata il 17 aprile 2024, le Sezioni Unite hanno affermato un principio di diritto.

Cassazione saluto romano commemorativo reato motivazioni sentenzaFonte foto: ANSA
Il saluto romano nel corso delle commemorazioni di Acca Larentia

La sentenza sulla “chiamata del presente”

Nella sentenza n.16153, infatti, si legge che “la condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla ‘chiamata del presente’ e nel cosiddetto ‘saluto romano’ integra il delitto previsto dall’art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista“.

Nella decisione dei giudici delle Sezioni Unite di Cassazione si legge poi: “A determinate condizioni può configurarsi anche il delitto previsto dall’art. 2 del decreto-legge 26 aprile 1983, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 205 che vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.

Tra i due delitti, fanno sapere della Cassazione, non sussiste rapporto di specialità e possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge.

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