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L'ultima pista sul delitto di via Poma: Simonetta Cesaroni uccisa da Mario Vanacore secondo i carabinieri

Una informativa dei carabinieri traccia una nuova pista sul delitto di via Poma, a uccidere Simonetta Cesaroni sarebbe stato Mario Vanacore

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Nuovo capitolo in uno dei misteri infiniti delle cronache italiane, l’omicidio di Simonetta Cesaroni, uccisa a coltellate il 7 agosto 1990 in via Poma a Roma. A uccidere la ragazza sarebbe stato Mario Vanacore, figlio del portiere Pietrino, secondo quanto scrivono i carabinieri in una corposa informativa inviata ai magistrati della procura di Roma. I pm hanno però chiesto l’archiviazione per l’assenza di elementi concreti a sostegno di questa ipotesi investigativa.

Delitto di via Poma, il dossier dei carabinieri

È una pista inedita quella tratteggiata dai carabinieri di piazzale Clodio che negli ultimi due anni hanno indagato sul delitto di via Poma: a uccidere Simonetta Cesaroni sarebbe Mario Vanacore, il figlio del portiere dello stabile nel quartiere Prati a Roma, dove la ventenne lavorava come segretaria negli uffici degli ostelli della gioventù.

Secondo questa ipotesi investigativa, contenuta in un dossier inviato dai militari ai magistrati della procura di Roma, Pietrino Vanacore, a suo tempo indagato e poi prosciolto, avrebbe coperto le responsabilità del figlio fino al suicidio del 2010.

L'ultima pista sul delitto di via Poma: Simonetta Cesaroni uccisa da Mario Vanacore secondo i carabinieri Fonte foto: ANSA
 Pietrino Vanacore e la moglie Giuseppe De Luca in una foto del 1997

Il 13 dicembre scorso però i magistrati della procura di Roma hanno chiesto l’archiviazione del fascicolo sul delitto di via Poma aperto due anni fa in seguito a un esposto della famiglia della vittima.

Secondo i pm infatti la ricostruzione fornita dagli investigatori è “fondata su una serie di ipotesi e suggestioni che, in assenza di elementi concreti di natura quantomeno indiziaria, non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato”.

L’ipotesi: Simonetta Cesaroni uccisa da Mario Vanacore

In base all’ipotesi investigativa dei carabinieri destinata all’archiviazione, pubblicata da Repubblica, il figlio di Pietrino Vanacore avrebbe sorpreso Simonetta Cesaroni da sola negli uffici di via Poma nel pomeriggio del 7 agosto 1990.

Mario Vanacore sarebbe andato negli uffici degli ostelli, utilizzando le chiavi dei genitori, “per effettuare gratuitamente delle telefonate interurbane a Torino, Cantù confidando che gli uffici siano vuoti”. All’epoca l’uomo abitava a Torino ed era venuto a Roma insieme alla moglie e alla figlia di due anni per fare visita ai genitori.

Trovatosi inaspettatamente davanti alla ragazza, Mario Vanacore l’avrebbe trascinata, “verosimilmente sotto minaccia”, nella stanza del direttore – dove poi venne trovata cadavere – per tentare di violentarla.

Sarebbe quindi nata una colluttazione, la ragazza avrebbe colpito e ferito Vanacore con quella che sarà l’arma del delitto. L’uomo però avrebbe reagito “sferrandole un violento colpo al viso che la stordisce e la fa cadere a terra”.

Quindi l’omicidio: impossessatosi dell’arma del delitto e a cavalcioni della ragazza, supina a terra, l’avrebbe colpita per ventinove volte. Nella concitata fuga che sarebbe seguita, Mario Vanacore avrebbe lasciato tracce di sangue sul telefono e su una maniglia, oltre alla sua rubrica telefonica poi ritrovata dalla polizia.

Il presunto depistaggio di Pietrino Vanacore

Nel dossier i carabinieri chiamano in causa anche i genitori del presunto killer, Pietrino Vanacore, il portiere del palazzo, e sua moglie Giuseppa De Luca, che avrebbero coperto il figlio e mentito agli investigatori nella fase delle indagini.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, dopo il delitto, avvenuto tra le 17.50 e le 18.15, “vengono asportati gli indumenti e gli oggetti della vittima che non saranno mai più ritrovati”.

A tentare di cancellare le tracce sarebbe stato Pietrino Vanacore, mentre il figlio si sarebbe allontanato dal condominio per andare in farmacia, in quanto ferito.

Questa opera di depistaggio sarebbe andata avanti fino all’arrivo della sorella della vittima, Paola Cesaroni, intorno alle 23.20, preoccupata dal mancato ritorno a casa di Simonetta. Insieme a lei ci sono il fidanzato Antonello Barone, il datore di lavoro della sorella, Salvatore Volponi e suo figlio.

La moglie di Vanacore li intercetta e li avrebbe trattenuti a lungo prima di indicare loro la sede degli Ostelli, dove presumibilmente il marito stava ancora operando per cancellare le prove. Poi all’arrivo della polizia avrebbe tentato di non consegnare loro le chiavi perché ha tenuto per sé il mazzo in dotazione all’ufficio e non quello della portineria.

I genitori del presunto killer avrebbero poi più volte mentito agli investigatori, come ad esempio la bugia dell’uomo, mai identificato, visto uscire dal palazzo dopo il delitto con un involucro in mano, architettata dopo l’arresto del portiere.

simonetta-cesaroni-delitto-via-poma-mario-vanacore Fonte foto: ANSA
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