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Covid, test al rientro: c'è un problema. Parla lo pneumologo

Luca Richeldi, pneumologo, ha spiegato che c'è un problema nel somministrare test rapidi all'arrivo in aeroporto

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Con l’obbligo di test per chi rientra in Italia dai Paesi considerati a rischio Covid-19, sono in molti a chiedersi se questa misura preventiva basti oppure no a evitare il rischio di nuovi focolai. A fare chiarezza ci ha pensato Luca Richeldi, pneumologo del Policlinico Gemelli di Roma e membro del Comitato tecnico scientifico, secondo il quale c’è un problema da considerare.

Potrebbe essere inutile“: è questa la sentenza di Richeldi sui test all’arrivo. “Occorrono almeno un paio di giorni dopo il contagio prima che il virus diventi rilevabile – ha spiegato in un’intervista a Repubblica -, sia con il tampone tradizionale che con il test rapido. Nel frattempo bisognerebbe restare in quarantena”.

I test rapidi, inoltre, “hanno una percentuale di falsi negativi molto alta”, ha ricordato l’esperto e “i tamponi tradizionali restano l’unico strumento affidabile”.

Per quanto riguarda i tamponi, secondo lo pneumologo ne stiamo facendo troppo pochi: “Il commissario Arcuri ci ha messo nelle condizioni di farne 90 mila al giorno e noi ci fermiamo a metà”, ha detto Richeldi.

Un’altra questione riguarda i giovani: “II ragazzi hanno una vita sociale più attiva – ha ricordato lo pneumologo -. Quando vanno in vacanza e si rilassano, prestano meno attenzione alle regole. Fra loro potrebbero annidarsi i superdiffusori”.

La soluzione, per difendersi dai contagi di rientro, è difficile: “Né le singole regioni, ma nemmeno gli stati, possono farcela da soli – ha spiegato Luca Richeldi -. Sentiamo il bisogno forte di una politica almeno europea. Per quanto ci riguarda, mettere la polizia alle calcagna di 60 milioni di italiani è impossibile. Non possiamo che affidarci alla responsabilità delle persone”.

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