Coronavirus: il racconto di Niccolò, 17enne rimpatriato da Wuhan
Per ben due volte non ha potuto prendere l'aereo per tornare in Italia. Oggi racconta la sua storia dalla stanza di isolamento dello Spallanzani
Parla al telefono dalla sua stanza allo Spallanzani, dove è ricoverato in isolamento dopo essere tornato da Wuhan. Si chiama Niccolò, ha 17 anni, è di Grado, ed è l’ultimo degli italiani rimpatriati dalla città focolaio del coronavirus. Secondo l’aggiornamento quotidiano dalla Cina, riportato dall’Ansa, solo in quella provincia sono morte ancora 100 persone, portando il bilancio delle vittime a 1.765. In aumento anche i casi, con 1.933 nuovi contagi rispetto a ieri.
Niccolò, bloccato due volte a Wuhan per la febbre
Ma nonostante i numeri allarmanti, Niccolò non ha avuto paura quando, per ben due volte, all’aeroporto di Wuhan, è stato trovato con delle linee di febbre. “La febbre mi faceva arrabbiare perché non avevo nessun sintomo“, ha riferito via telefono al Corriere della Sera. “Non sentivo nemmeno i brividi. Sapevo di averla solo perché me la misuravano”.
“La prima volta sono arrivato all’aeroporto di Wuhan il 3 febbraio. Pensavo di tornare subito a casa, ma ai controlli mi hanno misurato la temperatura. Era 37,7. Mi hanno fermato alla dogana, hanno cominciato a farmi domande. Sono scesi anche due medici italiani e hanno preso di nuovo la temperatura: 38,2“. Troppo alta per poter lasciare la Cina in piena allerta coronavirus.
“Mi hanno detto che non era possibile prendermi a bordo, per vari protocolli. Sono rimasto in aeroporto ad aspettare. Ma ero sempre in contatto con la dottoressa Sara e l’ambasciata”, ha raccontato Niccolò nell’intervista pubblicata dal Corriere della Sera.
La “dottoressa Sara” è Sara Platto, docente universitaria italiana a Wuhan da 7 anni, che ha deciso di rimanere in Cina nonostante il pericolo. A lei l’ambasciata di Pechino si è rivolta quella notte.
“Al mattino sono andato in ospedale per le analisi. All’uscita c’era mister Tian“, 30enne, guida turistica e volontario della ong di cui fa parte Sara Platto e che ha attivato una rete di protezione attorno al 17enne italiano, la ‘China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation’.
La permanenza a Wuhan di Niccolò
“Da lì è cominciata l’avventura a Wuhan. Mi ha portato in un albergo, è arrivato il risultato del test ed ero negativo al virus. Da allora sono rimasto chiuso in quella stanza. Sono uscito solo per tornare in aeroporto dove c’era un volo degli inglesi. Ma mi hanno preso ancora la temperatura ed era 37,4 e anche lì hanno deciso che non potevo salire”, ha raccontato ancora Niccolò.
“La prima notte non ho capito subito quello che stava succedendo. Ho telefonato ai miei genitori, e pensavo che erano lontani e mi aspettavano. Subito dopo all’ambasciata ho avuto un po’ di paura, ma panico mai. Mi sono detto: ‘se vai in panico non risolvi nulla‘. Ho pensato di doverla prendere come una lezione della vita e sapevo di non essere solo, che un sacco di persone mi stava aiutando”.
“La seconda volta mi sono arrabbiato, non era possibile! Ancora la febbre che io non mi sentivo di avere. Ma fuori ad aspettarmi questa volta era rimasto Mr. Tian. È stato diverso dal 3 febbraio”, ha spiegato al Corriere della Sera.
Perché il 17enne bloccato in Cina era a Wuhan
Niccolò ha raccontato di essere finito a Wuhan “per caso. Ero in Cina da agosto, con un gruppo di 100 studenti italiani del programma Intercultura. Io stavo in una famiglia cinese al Nord, nella provincia di Heilongjiang. Il 19 gennaio siamo andati nello Hubei, a visitare i nonni della coppia che mi ospitava”.
Si trovava in “un villaggio di campagna, cinquanta case. E quel giorno sono arrivate le notizie dell’epidemia. Sono rimasto chiuso lì, fino al 3 febbraio”, in una casa poco riscaldata che potrebbe aver contribuito a fargli salire la febbre.
Da Wuan allo Spallanzani in biocontenimento
Poi il viaggio in Italia, in biocontenimento. “Non è stato scomodo, ero lì disteso sulla barella, chiuso, e ho dormito per dieci ore, quasi tutto il viaggio. Mi sono svegliato poco prima di atterrare a Pratica di Mare. Diciamo che è stato un po’ surreale, mica ti capita tutti i giorni di essere trasportato in biocontenimento“.
Niccolò, ha spiegato al Corriere della Sera, spera di tornare presto in Cina per ritrovare le persone che sono state al suo fianco durante quei duri giorni bloccato a Wuhan. Ma ora “aspetto che i miei genitori mi portino il computer, qualche libro e tra dodici giorni esco e torno a studiare al liceo artistico. Mi piace l’architettura, sia greca che romana”.