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Coronavirus, allerta nuovi focolai e super diffusori: parla Galli

Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie Infettive dell'ospedale Sacco di Milano, è tornato a parlare dell'emergenza coronavirus

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

A fronte di un nuovo aumento dei casi di coronavirus a livello mondiale, in questo momento i rischi maggiori legati alla pandemia di Covid-19 derivano dalla nascita di nuovi focolai sul territorio e la priorità deve essere “l’identificazione immediata dei nuovi cluster ed il loro contenimento”. A mettere in guardia è stato Massimo Galli, direttore del reparto Malattie Infettive all’ospedale Sacco di Milano, che in un’intervista all”Ansa’ ha avvertito: “La massima attenzione va anche rivolta all’identificazione dei soggetti cosiddetti ‘super-diffusori‘ del virus”.

Secondo Galli, i nuovi focolai “sono una eventualità tutto sommato attesa. Non ci si poteva illudere che ‘riaprendo’ non sarebbe successo più nulla. Ciascuno di essi, però, va considerato con la massima attenzione ed è fondamentale il loro rapido contenimento. A questo fine è assolutamente necessario il potenziamento della medicina territoriale e della capacità di identificare e circoscrivere rapidamente i focolai risalendo la catena di contatti”.

Stando a quanto sottolineato dall’esperto, “su 100 persone infettate da SarsCov2, 90 hanno una limitata capacità di trasmettere l’infezione mentre gli altri 10 infettano e tra loro ci sono dei veri e propri super-diffusori. Saranno proprio questi ultimi i responsabili dell’80-90% delle nuove infezioni“.

I luoghi affollati e chiusi, ha aggiunto Galli, “facilitano la dispersione del virus da parte dei super-diffusori, che sono di regola inconsapevoli di esserlo e spesso completamente asintomatici”.

Tra le armi da utilizzare secondo Galli, oltre al distanziamento fisico e le mascherine, ci sono i test rapidi per la diagnosi: “Io sono un fautore dell’utilizzo dei test rapidi, soprattutto nell’ottica della ripresa delle attività delle aziende, delle scuole e in tutti gli ambiti che prevedono numerose persone riunite a lungo in spazi condivisi. Per quanto ci si possa impegnare sul versante del distanziamento, alcune condizioni sono complesse da gestire”.

Il direttore del reparto Malattie Infettive al Sacco di Milano ha poi avvertito: “Gli anticorpi compaiono nel sangue nella maggioranza dei casi non prima di 10-12 giorni dai sintomi e negli asintomatici una ventina di giorni dall’avvenuta infezione. I kit rapidi non possono quindi identificare subito nuove infezioni, ma possono avvertirti se nella popolazione è cambiato qualcosa e consentire di attivare una campagna di indagine più approfondita“.

Ancora Galli: “Confido che presto possano essere sviluppate nuove metodiche rapide che sostituiscano di fatto il tampone ‘classico’, dicendo in pochi minuti, su campioni di saliva o con un tampone fatto sul posto, se una persona ha il virus o no”.

Galli, che recentemente aveva fatto anche il punto su migranti e coronavirus, ha detto che in vista della stagione invernale, che “porterà sindromi influenzali e condizioni cliniche che possono mimare quelle della Covid, avere un test rapido che consenta di discriminare tra le diverse condizioni sarebbe di grande aiuto”.

E poi: “La ripetizione periodica ‘mirata’ di questi test consentirebbe la precoce individuazione di nuovi focolai“. Purtroppo, ha osservato infine Galli, “in vari casi è passata l’idea che i test rapidi siano meno affidabili di quelli da prelievo venoso ma devo dire che mi è talvolta capitato di osservare l’opposto”.

Coronavirus: i focolai in Italia. Dove e quanti casi Fonte foto: Ansa
Coronavirus: i focolai in Italia. Dove e quanti casi
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