Uomo giustiziato a Singapore per il traffico di un chilo di cannabis: impiccato, era stato condannato nel 2018
Tangaraju Suppiah, 46enne di Singapore, è stato impiccato per aver trafficato 1 kg di cannabis: inutili gli appelli contro la pena di morte
Si è conclusa con l’esecuzione la vicenda di Tangaraju Suppiah, uomo di Singapore condannato a morte qualche anno fa per aver trafficato una esigua quantità di cannabis. Inutili gli appelli anche internazionali per evitargli la morte.
- Condannato a morte 5 anni fa per traffico di droga
- Inutili gli appelli della famiglia di Tangaraju Suppiah
- Anche l'Europa ha chiesto di fermare l'esecuzione
Condannato a morte 5 anni fa per traffico di droga
La storia di Tangaraju Suppiah non ha avuto il lieto fine sperato dai tanti attivisti e autorità che si sono attivate per conto suo. Nel 2018 il 46enne originario di Singapore è stato condannato per aver trafficato più di un chilo di cannabis,precisamente 1,017.9 grammi.
Una quantità in eccesso ritenuta da molti esigua, sicuramente non sufficiente a giustificare l’esecuzione dell’uomo. Nonostante 5 anni di battaglie, l’uomo è stato impiccato lo scorso mercoledì 26 aprile nella prigione di Changi, come confermato dai comunicati locali.
Una foto del 46enne Tangaraju Suppiah durante una veglia privata organizzata il 26 aprile, giorno dell’esecuzione
Era stato intercettato mentre parlava al telefono con altri due uomini e quindi beccato dalla polizia mentre tentava di importare illegalmente della cannabis nel restrittivo Stato del sud-est asiatico.
Inutili gli appelli della famiglia di Tangaraju Suppiah
Singapore si è confermato uno degli Stati più severi per quanto riguarda la lotta contro la droga e la cannabis, depenalizzata invece in molte altre parti del mondo. Il suo governo adotta ancora la pena capitale come metodo per scoraggiarne il traffico.
Altri Paesi, anche vicini, hanno alleggerito le misure, ma non Singapore. Per questo si sono rivelati inutili i tanti appelli e le battaglie portate avanti dalla sorella Leelavathy Suppiah e molti altri attivisti. Alla CNN, la donna ha riferito che il fratello è stato impiccato.
Si tratta della prima esecuzione nell’arco degli ultimi sei mesi e a nulla sono valsi anche gli appelli alla grazia. Il suo caso è stato seguito anche internazionalmente sia in Europa che negli Stati Uniti.
Anche l’Europa ha chiesto di fermare l’esecuzione
Secondo il Central Narcotics Bureau, gli appelli contro la condanna e la pena di morte sono stati negati dalla corte nel 2019, così come quelli alla grazia presidenziale. “A Tangaraju è stato concesso un giusto processo ai sensi della legge e ha avuto accesso a un consulente legale durante tutto il processo” specificano nel comunicato ripreso dalla CNN.
Dure invece le reazioni da parte di Amnesty International, secondo cui il processo e la condanna si sono basate su interrogatori della polizia svolti senza un avvocato e un interprete presente, così come sulle testimonianze degli altri due uomini, uno dei quali assolto.
Anche per il movimento abolizionista locale Transformative Justice Collective, la morte di Tangaraju è viziata da prove circostanziali. Una delegazione dell’Unione Europea presente a Singapore si era anche mossa con le autorità locali per fermare l’esecuzione.
“L’UE e i nostri Paesi si oppongono fortemente all’uso della pena capitale in ogni caso e in ogni circostanza, non può mai essere giustificabile e preme perché Singapore possa adottare una moratoria su tutte le esecuzioni come un primo passo verso la sua abolizione” hanno detto in un comunicato.