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Suicida dopo il licenziamento per aver fatto risparmiare i clienti, famiglia fa causa all'azienda

Un uomo si è suicidato dopo essere stato licenziato dall'azienda per aver fatto risparmiare i clienti, chiesto un risarcimento di 24 mensilità

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Dopo 27 anni di lavoro è stato licenziato per aver fatto risparmiare i clienti, dopo sette giorni si è suicidato. A seguito della vicenda, la famiglia di Paolo Michielotto ha fatto causa all’azienda per licenziamento illegittimo e ha chiesto un risarcimento di ventiquattro mensilità per gli eredi.

Il licenziamento per aver fatto risparmiare i clienti

Paolo Michielotto ha lavorato per quasi trent’anni alla Metro, la catena di distribuzione all’ingrosso. Gestiva un portafoglio clienti di Venezia che acquistavano generi alimentari e se li facevano recapitare al ristorante in laguna.

Il 27 giugno 2024 l’azienda gli inviò una lettera contestando che il dipendente aveva inserito nelle commesse dei clienti alcune confezioni di gamberi rossi in modo che il loro ordine arrivasse a 250 euro di spesa, soglia dalla quale in poi non si pagano i 20 euro dovuti per il trasporto.

Il marchio della catena di distribuzione MetroFonte foto: ANSA

Il marchio della catena di distribuzione Metro

Nella missiva erano elencati quattordici episodi, in molti casi i titolari ordinavano quattro, cinque, anche sei chili di gamberi. I prodotto ordinati non erano in magazzino perché esauriti e l’azienda ne aveva dedotto che l’impiegato li avrebbe inseriti solo per far aumentare l’ammontare della spesa e far risparmiare le spese di consegna.

L’azienda avrebbe calcolato “un’indebita consegna gratuita per 280 euro” che avrebbe generato “un impatto sulla sostenibilità dei servizi aziendali”. Il dipendente aveva presentato le sue giustificazioni che però erano state rigettate.

Alla fine l’azienda, con cinquanta punti vendita diffusi in tutta Italia, lo ha licenziato per 280 euro.

Il suicidio dell’ex dipendente e la causa

L’11 agosto 2024 Michielotto si è tolto la vita. Il legale della Cgil Leonello Azzarini, che sta seguendo la famiglia, addita come altamente implausibile la versione della Metro.

Grazie a testimoni e colleghi, sarebbe stata ricostruita un’altra versione degli eventi che portarono a quel licenziamento in tronco. Sarebbe emerso che gli ordini possono essere fatti dagli stessi clienti dalla piattaforma online di acquisto e non è detto quindi che quelli contestati li avesse fatti il dipendente in persona.

La richiesta di risarcimento della famiglia

Paolo Michielotto viveva a Pontelongo e lavorava nel magazzino Metro di Marghera. Nel corso della carriera non avrebbe mai avuto problemi con l’azienda e svolto il suo lavoro in modo irreprensibile.

In passato le questioni sul trasporto della merce con altri dipendenti si erano risolte con una contestazione disciplinare e una sospensione di un giorno e ogni venditore aveva un budget per omaggiare di qualche attenzione i clienti e lo sconto della consegna poteva essere inteso in tal senso.

Per questi motivi la famiglia dell’ex dipendente sta chiedendo di accertare se ci furono davvero gli estremi per il licenziamento per giusta causa.

“Ribadiamo il dubbio, più che concreto – si legge nel ricorso – che il licenziamento sia dovuto a dinamiche interne non note e che non sia realmente giustificato da quanto oggetto di contestazione giacché attività similare era stata svolta da più colleghi ma a loro non contestata”. La richiesta degli eredi è di condannare il datore di lavoro al pagamento di almeno ventiquattro mensilità, anhe se “quest’indennizzo è semplicemente irrisorio se comparato con ciò che abbiamo perso”.

Auto polizia Fonte foto: ANSA
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