Portuali di Genova non vogliono caricare armi per Israele su navi, stop anche a Barcellona e Sydney: il motivo
Previsto a Genova un presidio indetto dai portuali contro l'invio di armi a Israele. Proteste anche in altri scali internazionali, dal Belgio agli Usa
La guerra tra Israele e Hamas approda anche nei porti italiani: il prossimo venerdì 10 novembre, a Genova, si svolgerà il presidio indetto dai portuali contro l’invio di armi per il conflitto mediorientale. Il capoluogo ligure non è la sola città: diverse organizzazioni di lavoratori portuali in tutto il mondo hanno infatti indetto mobilitazioni e iniziative per protestare contro i bombardamenti della striscia di Gaza.
- Il presidio di Genova contro le armi a Israele
- Le altre proteste nei porti di tutto il mondo
- Le mobilitazioni negli Stati Uniti
Il presidio di Genova contro le armi a Israele
La mobilitazione prevista a Genova raccoglie l’appello lanciato lo scorso 16 ottobre dai sindacati palestinesi per “smettere di armare Israele”.
I lavoratori dello scalo genovese si rifiutano di gestire l’imbarco di carichi di armi diretti verso il Medio Oriente (e non solo).
Manifestanti con bandiere e striscioni durante una manifestazione contro le guerre e a sostegno della Palestina a Roma
“Non vogliamo partecipare al massacro”, si legge sui volantini di protesta, in riferimento all’offensiva bellica israeliana su Gaza, che in un mese avrebbe già causato oltre 10mila morti.
Le altre proteste nei porti di tutto il mondo
Un’iniziativa simile è in atto anche nel porto di Sidney, in Australia, dove si protesta contro l’attracco di una nave della compagnia israeliana Zim.
All’appello dei colleghi palestinesi hanno aderito ieri anche i lavoratori dello scalo di Barcellona, annunciando che impediranno “le attività delle navi che portano materiale bellico”.
Come lavoratori, si legge nel comunicato degli spagnoli, “difendiamo con veemenza la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo“, aggiungendo che “nessuna causa giustifica il sacrificio dei civili”.
In Belgio a rifiutarsi di caricare armi sono da alcune settimane gli addetti aeroportuali che nel comunicato spiegano: “caricare e scaricare ordigni bellici contribuisce all’uccisione di innocenti“.
Solidarietà con i lavoratori palestinesi è arrivata anche dal sindacato francese Cgt e dal coordinamento dei sindacati greci Pame.
Le mobilitazioni negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, nei pressi di Seattle, un centinaio di attivisti ha bloccato il porto di Tacoma. Erano mossi dal sospetto che la nave americana Cape Orlando trasportasse munizioni ed armamenti per Israele. L’imbarcazione era già stata fermata alcuni giorni prima nello scalo di Oakland, nella baia di San Francisco.
Iniziative a favore della causa palestinese si stanno moltiplicando. Nei giorni scorsi gli attivisti avevano bloccato tutte le entrate di un impianto della azienda Boeing nei pressi di St Louis, destinato alla fabbricazione di armamenti.
Manifestazioni si sono svolte anche alla sede londinese di Leonardo, gruppo italiano che ad Israele fornisce gli elicotteri Apache.
Il 26 ottobre scorso un centinaio di persone avevano invece bloccato l’accesso alla filiale britannica dell’azienda di armi israeliana Elbit Systems.