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Eitan rapito: nonno ai domiciliari, parla l'ambasciatore israeliano

Secondo la famiglia del padre, il bambino è "tenuto prigioniero" dai nonni materni, che lo hanno portato in Israele

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato il:

Continuano le accuse tra i due rami della famiglia del piccolo Eitan Biran, unico superstite della tragedia della funivia del Mottarone, in cui ha perso i genitori, il fratellino e i bisnonni. Dopo l’incidente il bambino, di 6 anni, era stato affidato alla zia paterna Aya Biran, residente nella provincia di Pavia insieme al marito e alle figlie. L’11 settembre il nonno materno Schmuel Peleg ha portato il piccolo in Israele, ed è ora indagato per sequestro di persona aggravato dalla Procura di Pavia.

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Nel registro è stata iscritta anche l’ex moglie del 58enne, Esther Cohen, detta Etty. A una radio israeliana la donna ha dichiarato che “le condizioni di Eitan sono pessime“. Lo riporta il Corriere della Sera.

“Ora finalmente, dopo 4 mesi, i medici vedranno cosa gli è accaduto. In tutto questo tempo non ha visto alcun medico. Per quattro mesi hanno impedito a me e a Shmuel di consultarci con medici e psicologi“, ha sostenuto sempre ‘Etty’.

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Accuse respinte al mittente da Or Nirko, marito di Aya Biran. È dal 23 maggio, giorno dell’incidente maledetto, che la coppia si occupa del bambino.

“La famiglia Peleg detiene Eitan come i prigionieri nella prigione di Hamas“, è l’accusa lanciata dallo zio del bambino tramite i media israeliani.

E ancora, Or Niko dice che Schmel Peleg e Esther Cohen, che sarebbe ripartita insieme all’ex marito e non prima come riportato in precedenza, “rifiutano di dire si trova il bambino. Lo nascondono in una specie di buco“.

Or Nirko ha anche spiegato, come riporta il Corriere della Sera, che il cognato, fratello del padre di Eitan, sarebbe andato a cercare il bambino all’ospedale Sheba, dove sarebbe stato ricoverato dai Peleg, stando alle loro dichiarazioni.

Ma lì “Eitan non c’è. Purtroppo non siamo rimasti sorpresi da questo rapimento, avevamo molta paura che accadesse”, ha aggiunto, parlando con i media israeliani.

Shmuel Peleg interrogato dalla polizia israeliana

La polizia israeliana intanto ha interrogato Shmuel Peleg, riguardo alle accuse di aver “rapito e portato il nipote in Israele”. Lo ha reso noto la stessa polizia aggiungendo che, dopo l’interrogatorio, Peleg è stato posto agli arresti domiciliari fino a venerdì. A interrogare l’uomo è stata l’unità speciale 433.

“A me risulta che gli sia stato chiesto di restare a disposizione della polizia”, ha dichiarato il legale di Shmuel Peleg, l’avvocato Paolo Sevesi, come riferisce TgCom24. Allo stato attuale non sembra che la decisione delle autorità israeliane sia legata a un mandato d’arresto italiano.

Sevesi ha aggiunto che al momento può infatti escludere che il provvedimento israeliano sia legato a un mandato d’arresto da parte della Procura di Pavia.

“Il trasferimento di Eitan in Israele è avvenuto in maniera legale e dopo una consultazione con esperti di diritto”, ha sostenuto Peleg, secondo quanto riferito da Gadi Solomon, un portavoce della famiglia. Peleg ha collaborato “in pieno con gli investigatori ed ha risposto a tutte le domande”. Si è presentato innanzi alla polizia per chiarire “sul ritorno di Eitan a casa sua in Israele”, come avrebbero voluto i suoi genitori ha concluso Salomon.

Eitan, parla l’ambasciatore israeliano in Italia: “Israele non è una giungla”

“Stiamo seguendo le famiglie, non posso entrare nei dettagli, ma posso garantire che Israele è uno Stato di diritto che si sta occupando di questa vicenda. Israele non è una giungla. La mia speranza è che si trovi una soluzione che faccia stare bene tutti e specialmente Eitan: ha sofferto già troppo”. Così l’ambasciatore israeliano in Italia, Dror Eydar, in un passaggio dell’intervista rilasciata a ‘La Nazione’.

Il caso del piccolo, ha continuato il diplomatico, “è stato il momento più duro del mio incarico da diplomatico. Il pensiero del piccolo Eitan rimasto solo, unico a sopravvivere e senza i genitori, mi ha scosso profondamente”.

“Eitan era ricoverato in rianimazione, sedato – ha aggiunto il Eydar -. Io provengo da una famiglia di sacerdoti e ho chiesto ai medici di poter recitare la nostra antica benedizione. Ho avvicinato le mie mani alla sua testa e ho recitato la Torah”.

“Mentre pronunciavo le parole della Bibbia, dietro di me pregava anche il presidente della Regione Piemonte. Lo ricorderò per tutta la vita. Quando ci hanno annunciato che stava meglio, ho pensato che era un miracolo”, ha concluso il diplomatico.

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