Covid, virologo: "Italia a rischio nuovi focolai come la Cina"
Roberto Cauda, del Gemelli di Roma, invita a non abbassare la guardia per evitare quanto accaduto a Pechino, che rischia un nuovo lockdwon
“I numeri dei contagi stanno andando meglio, sempre con differenze da regione a regione. È chiaro che in Lombardia, dove i dati di partenza erano più ampi, la riduzione è più lenta. Ma comunque c’è. Anche se questa diminuzione di casi non deve farci sentire al sicuro“. Lo ha dichiarato il professor Roberto Cauda, direttore del reparto di Malattie infettive del Policlinico Universitario Gemelli di Roma, sulle pagine de Il Messaggero.
In Cina è tornato l’incubo coronavirus, e Pechino ha chiuso le scuole e sospeso i voli, per limitare l’insorgenza di altri pericolosi focolai. Anche in Italia, ha spiegato il virologo, “il virus c’è ed è sempre in agguato. Nessuno può dare certezze, non sappiamo ancora cosa sia successo esattamente in Cina, in questi ultimi giorni. È verosimile ipotizzare che si tratti di un caso di importazione da fuori”.
“Il rischio è il caso che possa arrivare da fuori area”, ha sottolineato Roberto Cauda. “La morale è di non abbassare mai la guardia, anche se i numeri vanno meglio. Infatti andavano meglio anche in Cina”.
“Finché ci sono focolai, anche esterni al Paese, dobbiamo mantenere alta l’attenzione. Nel caso della Cina, infatti, da settimane ormai non si registravano i contagi”. La buona notizia, ha dichiarato il professore a Il Messaggero, è che “il virus che ha circolato in Cina dall’inizio ha avuto una contagiosità minore rispetto a quello circolato in Italia, in Europa e negli Usa. Sembrerebbe infatti che abbia avuto una mutazione, sotto questo aspetto”.
Tuttavia “parliamo di una malattia che senza misure di contenimento è vicino al livello 3. Anche di più in alcuni casi. Quindi si trasmette efficacemente. Inoltre si tratta anche di un tipo di contagio difficile da conteggiare” per via dell’alto numero di “asintomatici, che sono potenzialmente contagianti ma difficilmente identificabili”.
“Per ora i numeri che osserviamo ci indicano un affievolimento e una decelerazione dei contagi. Ma il rischio” che possa accadere in Italia ciò che sta succedendo in Cina “è dietro l’angolo. Per questo i numeri vengono dati tutti i giorni e si fanno valutazioni a livello centrale. Il rischio teoricamente esiste, nessuno se lo augura, ma nessuno può dire che sia finita“.
Roberto Cauda ha comunque precisato, nell’intervista rilasciata a Il Messaggero, che “sono giuste le riaperture, per il Paese che non può restare chiuso. Ma va fatto tutto con un controllo centrale. Bisogna intervenire appena emerge un focolaio Covid. In questa fase 2 avanzata, è fondamentale intervenire con tanti test, tracciare i contatti e mettere in quarantena i sospetti. La prevenzione si fa a monte, ma se il focolaio si verifica è importante spegnere il fuoco“.
Non esistono aree più predisposte a nuovi contagi, tutte le regioni d’Italia sono “a rischio. Se scoppia il focolaio si deve intervenire per fermarlo. E basta”.
Anche i luoghi più colpiti dalla pandemia non sarebbero esenti da catastrofiche ricadute secondo il virologo. “A Wuhan, città da milioni di abitanti, non ci sono stati tanti casi da raggiungere” l’immunità di gregge. “Sarebbero dovuti essere molti di più, così come a Codogno o in Lombardia. Abbiamo avuto tanti casi ma non abbastanza da poter parlare di immunità“.
A destare maggiore preoccupazione rimangono le metropoli, “ma solo perché numericamente ci sono più persone. Ripeto però che il focolaio può esplodere ovunque. Finché il coronavirus è in circolazione, come oggi, possiamo solo contare sulle misure di sicurezza, e far sì che non vengano mai meno: mascherine, pulizia delle mani e distanziamento“, ha ricordato in chiusura Roberto Cauda su Il Messaggero.