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Strage di Fidene, il killer Claudio Campiti e la sua storia: dalla morte del figlio alle giornate al poligono

La strage di Fidene è stata commessa Claudio Campiti, 57enne che si è presentato armato a una riunione di condominio, uccidendo 4 donne. La sua storia

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Quello che è successo domenica 11 dicembre nel quartiere Fidene a Roma è qualcosa di agghiacciante. Un uomo, con evidenti problemi psichici, ha aperto il fuoco contro delle persone inermi, riunite per una normale assemblea condominiale. Il bilancio è sconvolgente: quattro donne uccise, due feriti. Soltanto l’intervento disperato ed eroico di uno dei presenti in un primo momento, e degli altri condomini dopo, ha impedito che la strage si trasformasse in un eccidio.

Il prologo

È una domenica come tante. Una giornata che spesso viene riservata alle assemblee condominiali, per la maggiore disponibilità di tempo degli inquilini.

I proprietari del consorzio residenziale Valleverde hanno infatti deciso di svolgere la loro riunione in un bar, come sono soliti fare: l’appuntamento è alle 9 del mattino.

Forse confidano nel fatto che il locale sia l’ideale per alleggerire le tensioni legate a questi momenti di dibattito.

Il bar, che si trova in via Colle Gilberto, si chiama ‘Il posto giusto’: per una tragica beffa del destino, il nome si rivelerà di tutt’altro auspicio.

Di solito, il proprietario mette a disposizione un gazebo per queste incombenze burocratiche.

gualtieri strage fideneFonte foto: ANSA
Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, rende omaggio alle vittime della strage di Fidene

La strage

All’improvviso, intorno alle 9:40, una Ford KA si ferma davanti al bar.

Dall’auto scende un uomo, Claudio Campiti, 57 anni: è uno dei condomini.

A passo deciso, ma fermo, arriva nel luogo della riunione, chiude la porta alle spalle ed avanza verso il tavolo, dove sono seduti i membri del consiglio di amministrazione.

A quel punto lancia un urlo rivolto ai presenti: “Adesso vi ammazzo tutti!”.

Poi, come un automa, si trasforma in una micidiale macchina di morte e inizia a sparare sulle altre persone.

Dal punto di vista della criminalistica, la sua azione è precisa, ordinata, senza errori.

Prende la mira e spara, come in un macabro tiro al bersaglio. Purtroppo, non sbaglia un colpo: vengono centrate, nell’ordineSabina Sperandio, Nicoletta Golisano, Nicoletta Silenzi e Fabiana De Angelis.

Muoiono tutte, l’ultima dopo giorni di agonia.

Vengono colpite anche Bruna Marelli, presidente del consorzio, e Silvio Paganini.

Quest’ultimo, però, compie un vero e proprio atto eroico e disperato: si lancia contro Campiti per bloccarne la furia e disarmarlo. Ci riesce, anche grazie all’intervento di altri condomini, ma rimane gravemente ferito.

Alla fine, il killer viene consegnato alle forze dell’ordine.

La sua azione è stata di un’efficienza quasi militare: del resto, si appurerà che l’uomo era iscritto al poligono di tiro di Tor di Quinto dal 2018.

Dalle indagini risulta che ci sia andato anche la mattina della strage, per prelevare l’arma.

Chi è Claudio Campiti  

Claudio Campiti è un ex imprenditore ed assicuratore attivo nei decenni scorsi nella zona fra Ladispoli e Cerveteri, sul litorale romano.

La sua è una vita ordinaria, come tante altre, fino al 2012: in quell’anno affronta una tragedia che lo segna e gli procura dei problemi psichici seri e permanenti, mai sottoposti a nessun tipo di trattamento curativo.

Suo figlio, Romano, muore a 14 anni in un tragico incidente sulla neve con lo slittino, in Val Pusteria: era un ragazzo modello, che frequentava una rinomata scuola francese a Villa Borghese con eccellenti risultati e per il quale il padre nutriva dei grandiosi progetti futuri.

Da allora, per Campiti inzia una lenta, drammatica, costante e progressiva decadenza esistenziale, accompagnata da isolamento, abbandono, rivendicazioni, aggressività e battaglie legali.

Per la tragica morte del figlio c’erano state tre condanne definitive che al padre, però, non sono bastate.

La sua condizione di monomania per la perdita del figlio lo aveva portato a compiere scelte imprenditoriali e lavorative avventate, che lo avevano condotto al fallimento.

Aveva anche cercato di costruire una casa-vacanze al Turano, ma il dissesto lo aveva travolto, impedendogli di portare a compimento il suo progetto.

Di quel progetto, era rimasto soltanto uno scheletro sinistro in piedi per circa 15 anni, nel quale si era ridotto a condurre un’esistenza da emarginato e disadattato, privo anche dei servizi essenziali.

Lo scopo della sua vita, ormai, era diventato esclusivamente quello di cercare una vendetta, più che una giustizia, per il figlio deceduto prematuramente.

Nel tempo aveva sviluppato una sorta di odio totale verso tutti e tutto, di tipo marcato e ingravescente, tanto da attivare un blog dove pubblicava delle frasi intrise di odio e di rancore.

Scriveva lettere di protesta e inoltrava petizioni ad autorità di ogni tipo: il fatto di non ricevere risposta esacerbava la sua già difficile condizione psichica ed esistenziale.

Sulla tomba del figlio aveva inciso una frase, che per lui era una sorta di promessa implicita di vendetta: All’adorato Romano senza più quel futuro di studente brillante negato da una corrotta gestione del Patrimonio dell’Umanità”. 

La costruzione di un capro espiatorio e i Mass Murderer

Con il trascorrere degli anni, parallelamente al peggioramento delle sue condizioni finanziarie e con l’aggravarsi dei suoi disturbi, Claudio Campiti diventa sempre più molesto, litigioso, inadempiente.

Accumula delle pesanti morosità, per le quali arrivano decreti ingiuntivi, nei confronti del Consorzio Valleverde. Gli ultimi pagamenti sono fermi addirittura al 2015.

Si sente perseguitato dai dirigenti, che considera dei nemici e degli aguzzini.

Conseguentemente, come spesso succede in questi casi con tali tipologie di soggetti, canalizza il suo odio e la sua rabbia verso di loro, lanciando accuse e improperi attraverso il suo blog, chiamato “Benvenuti all’Inferno!”.

Dal punto di vista dell’analisi criminologica, lo stragista in questione è, con evidenza palmare, annoverabile nella categoria dei ‘Mass Murderer’, letteralmente ‘stragista di massa’.

Si tratta di soggetti criminali, affetti da disturbi psichici, che uccidono più persone nello stesso momento.

Sono individui che hanno avuto un’esistenza travagliata, difficile e dolorosa, avendo subìto perdite importanti, pesanti traumi esistenziali, gravi dissesti economici, fallimenti lavorativi.

A causa della loro struttura personologica spesso debole, con la concomitanza di preesistenti fattori di vulnerabilità individuale e addirittura con disturbi psichici spesso silenti o misconosciuti, per quello che tecnicamente viene definito ‘fattore di stress (nel caso di Campiti, la perdita dell’adorato figlio), imboccano un percorso esistenziale di rabbia e di odio parossistico che coltivano negli anni, spesso eleggendo un soggetto o una realtà come capro espiatorio (nella vicenda in oggetto il Consorzio Valleverde).

A un certo punto, nella loro psiche alterata, inizia ad accumularsi, come un magma vulcanico, una quantità di odio e di vendetta che si autoalimenta negli anni, fino a un’esplosione violentissima e devastante.

Quando questa loro condizione psico-esistenziale diventa insopportabile passano all’azione in una terrificante azione stragista che, in gergo criminologico, viene definita “The pay back time” (“L’ora della vendetta”) .

La loro azione è pianificata nel più piccolo dettaglio, nulla è lasciato al caso: luogo, giorno, ora, armi da usare, soggetti da colpire. Si addestrano per tempo al fine di causare il maggior numero di vittime.

Nel caso specifico di Campiti, l’uomo – oltre a essere un provetto tiratore – si è presentato alla strage armato di una pistola semi-automatica di marca Glock con due caricatori da 13 colpi, oltre a una riserva di altri 155 proiettili, un coltello a serramanico e un pugnale da sub di 28 centimetri. Pronto, quindi, anche a fronteggiare un lungo assedio e a ingaggiare dei violenti scontri corpo  a corpo.

Molte volte queste stragi si verificano in sinistra coincidenza con il periodo delle festività o in quello antecedente, per motivazioni ben precise.

Infatti, il soggetto in questione soffre particolarmente nel constatare la propria solitudine, la propria condizione triste e miserrima, ripercorre i propri fallimenti e odia gli altri che invece si preparano a festeggiare.

Tecnicamente vengono definite “ruminazioni mentali” di tipo criminogenetico.

Questa distonia esistenziale è inaccettabile per la loro condizione psichica alterata e quindi scatta l’azione criminosa.

Un’altra caratteristica costante dei Mass Murderer è quella di tenere un diario pubblico su un social o su un blog, dove esternare farneticazioni e propositi deliranti.

Nel caso di Claudio Campiti saranno le perizie psichiatriche a fare luce sul suo reale quadro clinico di tipo psichico al momento della strage.

Necessità di prevenzione 

Ciò che è fondamentale in questi casi, è cogliere il prima possibile eventuali segnali di serio disagio esistenziale di tali individui e attivarsi – da parte di parenti e amici, o anche semplici conoscenti – per segnalare il problema alle istituzioni competenti, così da attivare tutti i presidi di supporto sanitario territoriale con la presa in cura ed il trattamento di questi soggetti.

Solo così si potrà evitare che vengano a innescarsi nel tempo delle vere e proprie bombe a orologeria, destinate inevitabilmente ad esplodere.

campiti Fonte foto: ANSA
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