Napoli, la paura dell'Oms dopo gli assembramenti per Maradona
Ranieri Guerra, direttore vicario dell'Oms, sugli assembramenti per Maradona: "Spero che la folla di Napoli non porti a una recrudescenza della curva"
Napoli è in lutto da due giorni per la morte del suo Diego Armando Maradona. Centinaia di tifosi sono scesi in strada per rendergli omaggio e, come temuto dalle autorità, si sono verificati degli assembramenti. La situazione non è degenerata come a Buenos Aires, dove ci sono stati scontri tra fan in coda alla camera ardente e la polizia, ma Ranieri Guerra, direttore vicario dell’Oms, non ha nascosto i timori per quanto successo a Napoli.
Guerra (Oms): “Speriamo che la folla di Napoli per Maradona non porti recrudescenza”
Ranieri Guerra, direttore vicario dell’Organizzazione mondiale della sanità, parlando dei dati della pandemia di Covid-19 nel mondo durante l’apertura del Congresso straordinario digitale della Società italiana di pediatria (Sip), si è soffermato sugli assembramenti visti a Napoli nelle scorse ore dopo la morte di Diego Armando Maradona.
“Abbiamo visto ieri e oggi – ha esordito – l’affollamento delle strade a Napoli, delle strade della Campania e delle grandi città dove il lockdown è stato annunciato in maniera più rigorosa di quanto non sia stato nelle zone gialle e arancioni”.
Guerra ha aggiunto: “Mi auguro che questo non porti a una recrudescenza della curva e a un prolungamento dei tempi di chiusura al di là di quelli che siano effettivamente necessari per portare la curva sotto controllo in maniera rapida e uniforme”.
“Segnali positivi, ma non si facciano assembramenti”: il monito di Guerra
Guerra ha poi scattato una fotografia della situazione attuale: “Il governo sta cercando disperatamente di evitare il lockdown duro del primo trimestre. Speriamo di riuscirci, i primi dati sembrano confortare questo tipo di scelta, ma molto dipende dagli atteggiamenti individuali”.
Per quel che riguarda le scuole, ha aggiunto Guerra, “sono le vittime sacrificali della chiusura, poiché dal momento che non si sa più cosa fare si va a chiudere quella parte un po’ più debole del convivere sociale, senza procedere a una valutazione analitica attenta di quale sia effettivamente la causa della positività che può emergere dagli alunni frequentanti le scuole”.
“Abbiamo stabilito ormai con una certa attendibilità – ha concluso – che i ragazzi fino ai 12-14 anni non contagiano in maniera rilevante rispetto agli adulti”.