,,

Il disastro del Vajont 60 anni dopo e i rischi in piena emergenza climatica: intervista al geologo Mario Tozzi

La tragedia del Vajont compie 60 anni: il crollo della diga sul fiume a Longarone causò la morte di 2 mila persone. L'intervista a Mario Tozzi

Pubblicato:

“In qualche modo la tragedia del Vajont può essere paragonata alla tragedia greca”. Così scrivevano nel 1985 Alfred J. Hendron Jr. e Franklin D. Patton, due ingegneri del Dipartimento dell’esercito Usa, nella prefazione a un report sulla tragedia del 9 ottobre 1963. Parole già riprese nel 2013, in occasione del 50° anniversario della frana, da una mostra fotografica di Edoardo Semenza, l’ingegnere che predisse il disastro con 4 anni di anticipo. Ora, a 60 anni dal Vajont, la ricorrenza è più che mai attuale soprattutto i chiave di prevenzione data l’emergenza climatica. L’intervista concessa a Virgilio Notizie dal geologo Mario Tozzi.

Il progetto di Marco Paolini

Tra i racconti più toccanti (e che hanno lasciato anche qualche polemica) su quanto accaduto a Longarone, c’è sicuramente il film Vajont del regista Marco Paolini, che per primo ha parlato di responsabilità e non soltanto di “natura maligna”.  Oggi l’artista non smette di affrontare il tema e lo fa con uno spettacolo chiamato VajontS 23, una serie di 600 messe in scena in Italia e nel mondo, in oltre 130 teatri.

Il progetto VajontS 23, scritto con la collaborazione di Marco Martinelli, è diventato “un’azione corale di teatro civile”. Paolini ha spiegato che “è il più grande evento di teatro diffuso mai realizzato in Italia per parlare questa volta non di memoria e di responsabilità, ma di futuro. Duemila persone coinvolte direttamente nei cori, migliaia in ascolto nei modi diversi: tanti racconti non solo per ricordare quel che è accaduto, ma per richiamare l’attenzione su quel che potrebbe accadere. La storia del Vajont non è solo memoria di una immane catastrofe di 6 minuti, ma una lunga serie di negligenze, inerzie, rischi mal calcolati o scartati perché inconcepibili, non perché impossibili. I segni della crisi climatica sono urgenti e gravi, non possiamo non imparare la lezione, ripetere gli stessi errori, questo il senso dei Vajont oggi”. Oltre allo spettacolo è stato creato anche un podcast, disponibile sulle principali piattaforme free, intitolato V come Vajont con il racconto di Marco Paolini.

diga vajontFonte foto: IPA
La diga

L’intervista al geologo Mario Tozzi

Al Teatro Carcano di Milano, oltre alla rappresentazione di Paolini è stata inserita una lezione-spettacolo del geologo Mario Tozzi, che a Virgilio Notizie spiega di aver aderito all’iniziativa perché occorre maggiore sensibilizzazione sul tema della prevenzione: “Non si è trattato affatto di una natura matrigna e maligna. Parlare di una responsabilità naturale non è corretto”.

Paolini spiega che oggi del Vajont si sa molto di più e che è ora “di riflettere sugli errori più che sulle colpe e di ragionare sulla complessità delle storie di tutto il nostro Paese”. Lei è d’accordo?

“Certamente. Se gli uomini non avessero deciso di inseguire il sogno di un manufatto perfetto più grande del mondo non ci sarebbe stato quel disastro. La natura, semplicemente, avrebbe fatto il suo corso. Il rischio lo hanno creato gli uomini”.

Cosa ci ha insegnato la tragedia di Longarone?

“Ci ha insegnato che le catastrofi naturali non esistono. Esistono gli eventi naturali che diventano catastrofici per colpa nostra”.

Quali sono gli errori umani? Cosa si dovrebbe fare per evitare che tragedie del genere accadano di nuovo?

“Tragedie del genere si sono verificate diverse volte nel nostro Paese, anche se non tutte con le stesse modalità e non necessariamente in presenza di nuove opere, come nel caso della diga sul fiume Vajont, ma si era in presenza pur sempre di interventi e costruzioni, inurbamento, abitazioni sorte dove non avrebbero dovuto sorgere”

L’Italia è notoriamente un Paese ad alto rischio idrogeologico. Oltre a saperlo, però, occorre agire, soprattutto con la prevenzione. È possibile, secondo lei?

“È possibile solo ammesso che si faccia un passo indietro. Significa che bisogna lasciare i territori pericolosi, occorre togliere le strutture che si trovano in luoghi non idonei perché pensare di risolvere alcune criticità con nuove opere è impossibile. Le opere non ci possono proteggere da tutto. Possono farlo solo in alcuni casi, ma l’azione migliore è levarsi di torno, fare un passo indietro, appunto. Il concetto è che lasciare più natura significa anche avere più sicurezza”.

Oltre ad attendere risposte dalle istituzioni, dai tecnici o dalla politica e dalle amministrazioni, cosa possono fare i cittadini? Esiste una “prevenzione civile” che parta dalle azioni dei singoli?

“Sì, certamente, come ho detto servono azioni dell’uomo, ma in senso protettivo. Per farlo, però, occorre anche una cultura ambientale che oggi scarseggia”.

I cambiamenti climatici possono rendere più “pericoloso” il territorio, aumentando i rischi?

“Purtroppo sì. I cambiamenti climatici che si stanno registrando hanno creato ex novo alcuni rischi e hanno anche amplificato quelli già presenti”, risponde Tozzi.

Il disastro del Vajont

Il disastro del Vajont del 9 ottobre 1963 è una delle peggiori tragedie della storia italiana.

È avvenuto nella valle del Vajont, nelle Dolomiti venete, in seguito a una frana: una vasta porzione del monte Toc si è staccata, precipitando nel bacino artificiale creato da una diga di 262 metri di altezza: all’epoca era la più imponente al mondo, con diversi scienziati inascoltati nonostante avessero avvertito in merito al pericolo di frane.

L’onda generata dalla frana si è abbattuta sulla valle: la sua potenza, devastante, ha distrutto i paesi di Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, oltre a numerosi altri villaggi circostanti.

Sono morte quasi 2 mila persone, molte sorprese in casa durante la notte.

Disastro del Vajont 9 ottobre 1963: 1917 morti dopo la frana sulla diga, cronaca di una tragedia annunciata Fonte foto: ANSA / Getty
Disastro del Vajont 9 ottobre 1963: 1917 morti dopo la frana sulla diga, cronaca di una tragedia annunciata
,,,,,,,,