Coronavirus, ipotesi farmaci anti-diabete. La nuova scoperta
Gianluca Iacobellis ha osservato che il coronavirus entra nelle cellule attraverso il recettore Dpp4, su cui agiscono molti farmaci anti-diabete
Gianluca Iacobellis, direttore del Servizio di Diabetologia dell’ospedale universitario di Miami, ha riferito sulla rivista Diabetes Research and Clinical Practice di una nuova via d’accesso attraverso la quale il coronavirus aggredisce le cellule umane. Secondo quanto ha affermato lo studioso, si tratta del recettore Dpp4, lo stesso su cui agiscono molti farmaci anti-diabete.
La scoperta potrebbe aprire a nuove strade sui farmaci utilizzati per trattare le infezioni da coronavirus, in quanto quelli anti-diabete potrebbero essere efficaci nei casi più lievi.
Coronavirus, come aggredisce le cellule
La prima porta di ingresso individuata finora era stata quella del recettore Ace2, presente sulle cellule del sistema respiratorio umano. Un recente studio dell’Istituto italiano di tecnologia aveva poi individuato un altro possibile ingresso, quello attraverso il recettore dell’acido sialico, usato dal virus della Mers.
Iacobellis ha affermato all’Ansa che la scoperta del recettore Dpp4 indica che “esiste anche un meccanismo diverso, che potrebbe aprire una via terapeutica per chi ha la malattia Covid-19 in forma moderata”.
Coronavirus, ipotesi farmaci anti-diabete
L’ipotesi è che i farmaci anti-diabete possano essere efficaci contro la Covid-19, anche se non è ancora chiaro fino a che punto: gli studi in merito sono stati appena avviati.
Per Iacobellis la priorità adesso è raccogliere più dati possibili: “Nell’Università di Miami abbiamo appena iniziato uno studio osservazionale per vedere se i pazienti con Covid-19 trattati con la terapia per il diabete hanno decorso diverso“.
Le molecole su cui sono formulati questi farmaci si chiamano sitagliptin, linagliptin, saxagliptin e alogliptin. Iacobellis ha precisato: “Tutte hanno un profilo di tollerabilità molto buono e recentemente è stato anche totalmente smentito il sospetto che aumentassero il rischio di infezioni alle alte vie respiratorie”.