Caso Marò, la procura di Roma chiede l'archiviazione: "Prove insufficienti"
Per i pm i due marò agirono rispettando le regole di ingaggio e non ci sono prove sufficienti per il processo
I Marò avrebbero rispettato le regole di ingaggio e non ci sarebbero prove sufficienti per poterli portare a giudizio. Con queste motivazioni la Procura di Roma ha avanzato la richiesta di archiviazione del caso dei fucilieri della marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre accusati dal 2012 dell’omicidio di due pescatori indiani a largo delle coste del Kerala, nell’India sud occidentale.
Caso Marò, la procura di Roma chiede l’archiviazione: le motivazione
Secondo il procuratore Michele Prestipino e il sostituto Erminio Amelio i due marò, convinti di essere sotto attacco da parte dei pirati, avrebbero agito rispettando le regole di ingaggio.
I magistrati hanno chiesto al gip di fare cadere le accuse nei confronti di Girone e Latorre in quanto il quadro degli elementi di prova raccolti in questi anni non è sufficiente a garantire l’instaurazione di un processo.
Tra questi anche la non utilizzabilità degli accertamenti svolti all’epoca dei fatti in India come l’autopsia o gli esami balistici: ad esempio gli esami autoptici sui corpi dei due pescatori indiani che sono stati cremati, o le analisi sulle traiettorie dei proiettili che non sarebbero state effettuate secondo le regole italiane.
Caso Marò, la procura di Roma chiede l’archiviazione: la ricostruzione
Fattori che per i procuratori costituiscono un gap probatorio importante per la ricostruzione dei fatti, così come “l’assunzione di testimonianze e carte” non sufficienti ad attribuire in modo univoco il fatto ai due indagati.
Secondo la ricostruzione dei pm della vicenda datata febbraio 2012, i due marò avrebbero prima mostrato le armi, poi sparato in acqua quando hanno visto il barchino avvicinarsi a 90-100 metri alla nave Enrica Lexie. Latorre e Girone hanno pensato di essere sotto attacco di pirati, così come confermato dal personale indiano a bordo della nave sentito dagli inquirenti italiani.
La decisione dei pm romani non contrasta con il risarcimento alle vittime disposto dall’arbitrato dell’Aja in quanto il tribunale olandese aveva attribuito la giurisdizione penale sulla vicenda a Roma.
Lo scorso giugno la Corte Suprema indiana ha chiuso di tutti i procedimenti giudiziari nel Paese a carico di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, alla luce del trasferimento dell’indennizzo di cento milioni di rupie (circa 1,1 milioni di euro) che l’Italia doveva versare alle famiglie delle vittime.