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Caso Carlo Gilardi a Le Iene, la replica di Nina Palmieri al Csm

La lunga lettera di risposta di Nina Palmieri sul caso di Carlo Gilardi, dopo l'attacco del Csm

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Nina Palmieri, l’inviata delle Iene che segue da tempo la storia di Carlo Gilardi, il benefattore di Airuno (Lecco), ha scritto una lunga lettera rivolta ai direttori responsabili delle testate, per replicare all’attacco del Csm contro le Iene. Nella lettera, la giornalista ripercorre tutta la vicenda e racconta i motivi che hanno spinto le Iene a occuparsi della storia dell’anziano, che si trova in una Rsa dal 27 ottobre 2020; l’uomo, pur essendo benestante, aveva scelto di vivere in una casa umile elargendo donazioni alla propria cittadina.

Ecco la lettera di Nina Palmieri che pubblichiamo integralmente.

Caro Direttore,

nei giorni scorsi è accaduto qualcosa che non colpisce soltanto noi del gruppo de Le Iene ma la libertà di stampa, il diritto di cronaca e di critica.

Il Consiglio Superiore della Magistratura si è espresso sul nostro lavoro di giornalisti con un duro attacco di accusa per come abbiamo trattato la vicenda del professor Carlo Gilardi, un novantenne poeta e benefattore di Airuno in provincia di Lecco, individuando, come conseguenza dei nostri servizi, “un grave turbamento nello svolgimento dell’attività” della Magistratura.

Una vicenda quella di Carlo Gilardi che abbiamo portato alla ribalta esattamente un anno fa quando abbiamo risposto al grido di aiuto dello stesso Carlo. Il 27 ottobre 2020 questo signore rispondeva così alla sua amministratrice di sostegno, allora fresca di nomina, Elena Barra che andava a prelevarlo scortata da ambulanza e carabinieri per portarlo in un Istituto, l’Airoldi e Muzzi di Lecco: “Voglio la mia libertà che mi avete sottratto! In casa di riposo non ci vado. Lei è molto persuasiva con la capacità degli avvocati e con la forza delle leggi di cui voi siete maestri e io sono un vilissimo ignorante, se mi dovete portare via mi dovete mettere le manette, sennò io non vengo. Con le manette ubbidisco alle forze di legge”.

Quando abbiamo ricevuto l’audio drammatico che riportava queste chiarissime volontà ci siamo immediatamente mossi e abbiamo iniziato il nostro lavoro di indagine, lavoro che oggi viene così definito dal Csm: “Reiterata e insistente campagna di disinformazione”, che ha travalicato “i limiti di una serena e obiettiva cronaca e critica dei provvedimenti giudiziari”. Noi siamo profondamente rispettosi del lavoro della magistratura, con cui condividiamo l’obiettivo della giustizia, ma non riteniamo di aver effettuato alcuna campagna di disinformazione. E che Carlo non volesse finire in un istituto e che si sia sentito privato della sua libertà non può essere negato.

All’inizio nessuno sapeva dove fosse stato ricoverato, né i suoi pochissimi familiari. Né il suo avvocato di allora Silvia Agazzi. Avvocato che noi abbiamo prontamente intervistato e che Carlo aveva nominato qualche mese prima proprio per tutelarsi e denunciare quella che per lui era una gestione ambigua da parte della sua precedente amministratrice di sostegno, Adriana Lanfranconi. Secondo lui questa amministratrice, aveva sottratto indebitamente 40 mila euro dal suo conto corrente, “bonificandoli ad un nominativo a lei conosciuto”. Tutto questo denunciato in un esposto di settembre 2020, appena un mese prima il suo ricovero in Rsa, esposto che noi abbiamo avuto e nel quale Carlo manifestava anche la sua più grande paura: “ritengo che stiano da tempo cercando di farmi dichiarare incapace di intendere e volere al solo fine di poter gestire liberamente i miei soldi e le mie proprietà”. La stessa paura la manifestava in accorate lettere manoscritte in cui invocava anche l’aiuto della stampa: “Se non tornerò libero non esiterò ad informare la stampa locale, nazionale ed estera per dimostrare come in Italia la giustizia tratti i cittadini onesti rei solo di essere anziani”.

Ma non solo. Proprio per evitare che il suo incubo diventasse realtà Carlo a Giugno 2020 si era fatto fare una perizia psichiatrica in cui si legge: “Non emergono anomalie o segni di patologia… il pensiero è privo di alterazioni… nessun segno di deterioramento mentale o cognitivo”.

Ma tutto questo non è bastato a tutelare la sua condizione di uomo libero.

Il tribunale di recente ha spiegato che Carlo è affetto da una patologia psichiatrica che ne inficia la capacità di intendere e volere. Non sappiamo se in questo lungo anno la sua condizione sia peggiorata e se siano state effettuate altre perizie che hanno evidenziato un’incapacità di intendere e volere, ma quello che sappiamo è che un anno fa Carlo soffriva di “disturbo narcisistico di personalità di grado grave”, come riportato sia nella perizia del Tribunale che ne ha stabilito il ricovero, sia nella domanda di inserimento in Rsa. Da nessuna parte abbiamo letto di altre gravi patologie.

E su quella stessa domanda di inserimento in Rsa a firma della sua nuova amministratrice di sostegno, Elena Barra, si leggeva anche: paziente contrario e ricovero definitivo. Tutte informazioni, queste, che ci sono arrivate da fonti certe che ci siamo limitati a riportare puntualmente e per le quali abbiamo chiesto conto all’amministratrice che però ha sempre sostenuto che il ricovero fosse temporaneo anche in attesa di “liberare e mettere in sicurezza la sua abitazione”, come poi dichiarato dalla stessa più volte pure alla stampa locale.

Un’abitazione sicuramente non idonea a livello igienico sanitario, “una stalla” secondo il giudice tutelare dove Carlo però ha sempre vissuto, pur avendo grandi possibilità economiche, come piace a lui, da francescano, e che ha sempre ritenuto casa sua: una casa che in ogni caso, in oltre un anno di ricovero “temporaneo”, avrebbe potuto essere ampiamente sistemata!

Il CSM ci accusa di aver riportato una “versione dei fatti assolutamente faziosa, parziale e non corrispondente alla realtà dei fatti” e la giudice tutelare Paganini ha puntualizzato che “a differenza di quanto affermato in quei servizi il professore non è stato sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio”.

Ebbene oggi sappiamo per certo che il trattamento sanitario obbligatorio, per fortuna, non c’è stato ma sulla cartella interna all’RSA inizialmente si leggeva- e questo noi inizialmente abbiamo riportato- “recente trattamento sanitario obbligatorio in spdc deciso da amministratrice di sostegno per sua tutela rispetto a possibili circonvenzioni soprattutto economiche attuate da terzi”. Dopo i nostri primi servizi quella voce è stata modificata in “recente ricovero breve a carattere sociale in spdc deciso da amministratrice di sostegno”. E infine è cambiata un’altra volta in “ricovero in rsa deciso da amministratrice per sua tutela rispetto a possibili circonvenzione soprattutto economiche”. Sui tre giorni passati nel reparto psichiatrico dell’Ospedale si dà questa nuova motivazione “l’ads ha optato per breve ricovero in spdc al fine di agevolare l’esecuzione di screening per sarscov2”. Basterebbe questo per far sollevare parecchi dubbi su cosa sia realmente successo quel 27 ottobre 2020.

Sappiamo per certo anche che l’amministratrice Elena Barra era stata autorizzata proprio dalla giudice Paganini ad attuare nei confronti di Carlo un Aso, accertamento sanitario obbligatorio, pur di trasferirlo in una Rsa.

E se è vero che tutto questo è stato fatto “a tutela soprattutto del suo patrimonio” perché più persone avevano approfittato, circuendolo, della sua generosità (generosità che, lo ripetiamo, ha caratterizzato tutta la sua vita) è anche vero che dal 2017, cioè da quando è stato sottoposto all’amministrazione di sostegno, non ha potuto più disporre liberamente del suo ingente patrimonio.

E quindi da chi o da cosa nel 2020 doveva essere difeso se pure per le spese minime da 3 anni doveva rivolgersi all’amministratrice? Questa è una delle tante domande a cui nessuno ha mai risposto.

Quello che sappiamo, sempre da fonti certe, è che Carlo all’inizio del suo ricovero ha protestato al punto da fare lo sciopero della fame. Sappiamo anche che da oltre un anno non gli è concessa praticamente alcuna visita – fatta salva qualche eccezione come le visite del sindaco del suo paese. I suoi cugini – che noi abbiamo intervistato – invece non possono andarlo a trovare e anche per questo hanno fatto un esposto in Procura e un ricorso alla Corte Europea Dei Diritti Dell’Uomo.

Sappiamo che in Istituto ora svolge delle attività insieme agli altri ospiti e che sta bene, certo – e ci mancherebbe altro è in una struttura di lusso! -. Ma sappiamo anche che Carlo a riguardo, ogni volta che è stato sentito, da dicembre 2020 fino a maggio 2021, prima dalla stessa giudice tutelare Paganini, poi dal Giudice che sta seguendo la causa per circonvenzione ai suoi danni e infine ad un organo terzo, cioè il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, ha sempre detto: “Io desidero la libertà. Se non potrò essere libero farò buon viso a cattivo gioco. In mancanza di libertà tanto vale morire”, ribadendo la sua ferma volontà di tornare a casa perché in Rsa si sente “prigioniero” arrivando perfino a chiedere di essere spostato in una prigione vera “almeno lì non pago la retta”. Tanto che lo stesso Garante, dopo aver approfonditamente indagato la vicenda, studiando la documentazione (la stessa in nostro possesso) e parlando con tutti i protagonisti, ha concluso diramando una raccomandazione ufficiale auspicando una soluzione diversa per Carlo che non ne precludesse a tal punto la libertà personale. Ma nonostante questo e nonostante le svariate interrogazioni e interpellanze parlamentari sulla vicenda, certamente non dipese da noi, ma sì a riprova del fondamento della nostra inchiesta, dopo un anno niente per Carlo è cambiato sul fronte del “ritorno a casa”.

Le uniche novità sono le accuse che vengono mosse a noi, le denunce, un rinvio a giudizio per diffamazione nei confronti dell’amministratrice di sostegno Elena Barra e infine questo affondo del Csm che afferma anche che avremmo “scatenato una scia d’odio sui social network” ai danni della Giudice Tutelare e dell’Amministratrice di Sostegno con la nostra “incessante campagna mediatica” tanto da dover “aprire una pratica a tutela” della Giudice Paganini.

La stessa Giudice ha mostrato alla Commissione “la stampa di alcune pagine Facebook che contengono numerosi e vari commenti verbalmente violenti nonché gravemente e gratuitamente diffamatori e calunniosi spesso anche con l’utilizzo di un linguaggio triviale”.

Il nostro obiettivo non è mai stato ovviamente quello di scatenare una scia d’odio e non possiamo ritenerci responsabili del comportamento incivile di terzi. Il programma, nel trattare casi di rilievo della cronaca, ne può affrontare anche i risvolti giudiziari e, pur non volendo porsi in contrasto con l’operato della Magistratura ne può commentare – con rispetto – contraddizioni o anomalie. Al magistrato Paganini e all’avvocato Barra va tutta la nostra solidarietà se si sono sentite minacciate nella loro incolumità e serenità professionale.

Ma questo affondo, questo monito del Csm contro dei giornalisti che hanno l’unica colpa di aver fatto il loro lavoro di cronisti ci addolora e sorprende particolarmente e, secondo noi, rappresenta un gravissimo precedente: è accettando la critica ed il confronto e non tacciando la cronaca di praticare disinformazione che si garantisce – nel rispetto dei ruoli – l’esercizio del diritto di libera manifestazione del pensiero.

Noi de Le Iene da 25 anni cerchiamo di fare il nostro lavoro sempre al meglio e quando sbagliamo chiediamo scusa. Ma per Carlo, un uomo libero e che quando ha chiesto aiuto era lucido, per lui, “reo solo di essere vecchio” rifaremmo tutto.

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Carlo Gilardi Fonte foto: Ufficio Stampa Le Iene
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