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Martina Rossi

Tutto quello che c'è da sapere su Martina Rossi: la storia della ragazza morta a Palma di Maiorca per sfuggire a una violenza sessuale di gruppo

di Mauro Di Gregorio

Martina Rossi è stata una ragazza dalla storia tragica: la sua vita si è conclusa in Spagna quando è morta per sfuggire a una violenza sessuale. Per la morte di Martina Rossi sono stati condannati due uomini.

La ricostruzione nelle aule giudiziarie della vicenda che ha portato alla scomparsa di Martina Rossi è stata lunga e tortuosa: solo dopo un iter durato undici anni i genitori di Martina sono riusciti a ottenere verità.

Martina Rossi a Palma di Maiorca con le amiche
Martina Rossi era una 20enne di Genova. Nel 2011 aveva progettato una vacanza estiva con le amiche. Destinazione: Palma di Maiorca.

Come può accadere, le ragazze appena arrivate alle Baleari avevano fatto amicizia con altri giovani. A Palma di Maiorca Martina e le amiche avevano incontrato alcuni aretini ed era nata una simpatia.

La notte in cui Martina Rossi è morta
Una sera le amiche di Martina si ritirano nella loro camera al piano terra con i nuovi amici e la ragazza, per non restare da sola, sceglie di salire al sesto piano in camera con due ragazzi.

Lì, secondo l’accusa poi confermata in Cassazione, Martina subisce un tentativo di violenza.

In camera con lei ci sono Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi. I due provano un approccio, ma Martina li respinge. La situazione degenera e la ragazza per sfuggire al tentativo di stupro cerca di lasciare la stanza numero 609 uscendo sul balcone. Da lì prova poi a fuggire scavalcando la ringhiera per andare nel balcone di fianco.

Per qualche motivo però si sbilancia e perde la presa. Martina precipita dal sesto piano dell’hotel Sant’Ana di Carrer Gavina, nella periferia ovest di Palma di Maiorca.

Cade in una vasca e rimane lì per 35 minuti prima che qualcuno dia l’allarme.

Martina Rossi muore a 20 anni all’alba del 3 agosto 2011. Il suo corpo viene trovato senza scarpe, senza pantaloncini e con evidenti segni sul corpo.

Segni che, diranno poi i ragazzi che erano in camera con lei, sono frutto dei loro tentativi di trattenerla per impedirle di cadere.

La polizia spagnola giunge sul posto, effettua i rilievi, scatta fotografie, interroga i testimoni e rimuove la salma. Poi si affretta ad archiviare il fatto come suicidio.

Le spoglie di Martina, figlia unica di Bruno Rossi e Franca Murialdo, vengono inviate in Italia e sepolte nel cimitero di Castelvecchio a Imperia.

La procura di Genova indaga sulla morte di Martina Rossi
Bruno e Franca non si danno pace e grazie alla loro insistenza la procura di Genova apre un fascicolo di indagine. Fascicolo poi trasmesso alla procura di Arezzo.

Mentre il procedimento che vede indagati Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni si svolge ad Arezzo, la procura di Genova continua a occuparsi di altri due amici che, secondo l’accusa, nel dicembre del 2013 avrebbero reso dichiarazioni false al pubblico ministero. Il loro processo però viene sospeso in attesa che il troncone principale dell’inchiesta giunga a sentenza.

Nel 2018 Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni vengono condannati in primo grado a 6 anni di reclusione per tentata violenza sessuale di gruppo e per morte come conseguenza di altro delitto. Quest’ultima fattispecie di reato però decade per intervenuta prescrizione.

L’appello contro la sentenza porta a un processo di secondo grado a Firenze che si conclude il 9 giugno 2020 con un esito che ribalta quello di primo grado: Vanneschi e Albertoni vengono assolti perché il fatto non sussiste.

Il procuratore generale di Firenze Luciana Singlitico e la famiglia di Martina Rossi, parte civile nel processo, impugnano la sentenza, persuasi che i giudici avrebbero compiuto errori di valutazione in merito agli elementi acquisiti nel corso dell'inchiesta.

Il ricorso viene accolto e tutto ricomincia dall’inizio con un nuovo processo a Firenze.

Nel processo di appello bis per Vanneschi e Albertoni arriva infine la condanna: tre anni di reclusione.

La palla passa infine alla Cassazione: il 7 ottobre 2021 gli ermellini mettono la parola fine alla vicenda confermando la condanna a tre anni per tentata violenza sessuale di gruppo. Prescritte le accuse di morte in conseguenza di altro reato e omissione di soccorso.

L’iter processuale è stato lungo, tortuoso e pieno di colpi di scena. Ma un punto fermo è stato posto: “L’unica verità processuale che risulta trovare conferma nella valutazione dei molteplici indizi esaminati risulta essere quello del tentativo di violenza sessuale”, mettono nero su bianco i giudici della IV sezione penale.

Il processo per depistaggio sulla morte di Martina Rossi
Nel dicembre 2021 a Genova riprende il processo per depistaggio che vede coinvolti i ragazzi che erano andati in camera con le amiche di Martina. La loro vicenda si conclude nell’aprile 2022: i due, accusati di depistaggio, faranno 260 ore di volontariato dopo di che il loro reato sarà dichiarato estinto. I due scrivono anche una lettera ai genitori di Martina per prendere le distanze da Albertoni e Vanneschi e per scusarsi. In più offrono 1.500 euro a testa da devolvere a un'associazione benefica in difesa delle donne vittime di violenza.

Nel frattempo, Vanneschi e Albertoni fanno domanda per affidamento in prova ai servizi sociali. Domanda che indigna il papà di Martina: “A sei mesi dalla sentenza della Cassazione ancora la pena non è andata in esecuzione - denuncia - perché la richiesta di affidamento in prova giace in un cassetto, i tempi sono troppo lenti”.

Intanto un’altra notizia crea indignazione nei genitori di Martina: l’annuncio che il Coni avrebbe conferito una medaglia sportiva ad Alessandro Albertoni per pregressi meriti sportivi. Albertoni, infatti, è un valente motociclista nella categoria motocross. Il riconoscimento era stato stabilito nel 2020, quindi prima della sentenza della Cassazione, ma la cerimonia era slittata per via della pandemia. Dopo alcune polemiche il Coni decide per l’annullamento della cerimonia.

Il 7 ottobre 2022 i due si costituiscono nel carcere di Arezzo, un anno esatto dopo la condanna definitiva. Per loro viene disposto un regime di semilibertà.

Poche settimane dopo viene annunciata la nascita a Genova di un’associazione benefica intitolata alla memoria di Martina Rossi. Scopo dell’associazione è fornire aiuto alle donne vittima di violenza. Il simbolo: un fenicottero rosa che prende spunto da un disegno nato dalle mani di Martina.

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