La voce di Matteo Messina Denaro sentita per la prima volta nell'interrogatorio post arresto: l'audio del boss
È stato diffuso l'audio di un interrogatorio di Matteo Messina Denaro con la sua voce, risalente al 16 febbraio 2023. "Non conosco Riina", aveva detto
A distanza di più di 3 mesi dalla morte, spunta un audio con la voce di Matteo Messina Denaro. Si tratta dell’unico interrogatorio del boss mafioso: la registrazione risale a poco dopo il suo arresto, avvenuto un anno fa a Palermo dopo un latitanza durata 30 anni.
- L'audio con la voce di Matteo Messina Denaro
- Le parole del boss
- A proposito di Totò Riina e Bernardo Provenzano
L’audio con la voce di Matteo Messina Denaro
L’audio integrale, proveniente dalla registrazione dell’unico interrogatorio del boss, risale al 16 febbraio 2023.
In collegamento dal carcere de L’Aquila, l’esponente di Cosa Nostra viene ascoltato dal Gip (giudice delle indagini preliminari) di Palermo, Alfredo Montalto, un mese dopo la sua cattura, avvenuta il 16 gennaio scorso nei pressi di una clinica privata di Palermo.
Matteo Messina Denaro dopo l’arresto da parte dei Carabinieri del ROS, il 16 gennaio 2023
Detenuto al 41 bis, il criminale di Castelvetrano avrebbe preso parte a un processo per estorsione aggravata dalla finalità mafiosa.
Le parole del boss
Pseudonimo o soprannome? “Nessuno”. Residenza anagrafica? “Privo di residenza“. Professione? “Agricoltore”.
Messina Denaro è calmo e lucido mentre risponde alle domande poste da Montalto. All’interrogatorio sono presenti anche i pubblici ministeri Giovanni Antoci e Gianluca De Leo.
Luogo in cui esercita l’attività lavorativa? “Castelvetrano”. Condizioni di vita? “Ottime, non mi manca nulla“. Titolo di studio? “Licenza media”. Beni patrimoniali? “Nessuno, anzi certo che ne ho, sennò come potevo vivere fino ad ora”. Dire di cosa si tratta però “sarebbe da stupidi”.
A proposito di Totò Riina e Bernardo Provenzano
Graviano, Riina, le stragi di mafia: nel corso dell’interrogatorio l’ex latitante sostiene di conoscere la mafia solo dai resoconti dei giornali.
Ammette solo quel che non può negare, come la corrispondenza con Bernardo Provenzano e la vita da primula rossa scelta per difendersi da uno Stato che lo accusa “ingiustamente”.
“Non conosco Riina, con lui mai nessun contatto”, dice, interrogato a proposito del legame con il “capo dei capi”.
La sua voce non tradisce mai emozioni, se non quando cerca di scrollarsi di dosso l’accusa di avere ucciso il piccolo Giuseppe Di Matteo (rapito all’età di 12 anni, strangolato e sciolto nell’acido in quanto figlio del pentito Santino Di Matteo).
“Finché ero libero, io a Roma ci andavo spesso”, spiega. Poi, la frase più emblematica: “Io racconto la mia verità“.