Governo Draghi, Galli ministro della Salute? La risposta
Il commento di Massimo Galli circa la possibilità che il suo nome sia tra i papabili per il ministero della Salute nel governo Draghi
“Se Mario Draghi dovesse chiamarmi per fare il ministro della Salute? Spero proprio che non lo faccia. Io non credo di essere particolarmente adatto, io so fare altre cose”. Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, docente all’università Statale del capoluogo lombardo, risponde così ad ‘Agorà’ sui Rai3 alla domanda su un possibile ruolo nel nuovo Governo.
“Soprattutto in sanità, c’è bisogno di non avere interruzioni di vario tipo – spiega Galli -. Evviva la continuità. Lo dico con tutta franchezza e non è una valutazione di tipo politico, ma di tipo pratico”. In una situazione come questa serve “il massimo possibile di velocità ed efficienza“, che significa anche “evitare lunghi periodi in cui qualcuno deve imparare da capo cosa fare, che è un problema di tutti i tecnici che io conosco, o quasi”.
“Non è assolutamente necessario, a mio avviso, mettere uno del mio, del nostro mestiere nella posizione di ministro o di viceministro o di sottosegretario. Credo sia importante che chi c’è a svolgere determinate funzioni utilizzi al meglio le indicazioni, i consigli e anche magari alcune operatività di persone con determinate caratteristiche”, ma “non è necessario in modo stringente mettere una persona con un profilo strettamente tecnico a fare il ministro. Se si fa, credo debba essere fatta una scelta nell’ambito di chi ha un profilo importante nel campo della sanità pubblica. Io sono prevalentemente un clinico”, quindi “non sto in nessun caso parlando di me”.
“È evidente che tutto quello che sta succedendo” sul fronte politico in Italia “sta provocando dei rallentamenti che sarebbe il caso di non avere”, osserva Galli. Per esempio “io ho nel cassetto un paio di richieste di fare al ministro, che” però “per cortesia non ho ritenuto di avanzare al ministro Speranza in una fase di transizione come questa”.
Per Galli “c’è necessità di una capacità di intervento che fino adesso è stata limitata fondamentalmente da una concreta debolezza, che si manifesta soprattutto con questo balletto continuo tra centro e periferie, tra Regioni che vogliono fare ciascuna come le pare. Una situazione che finisce per essere dannosissima in un Paese come il nostro – conclude Galli – in cui il frazionamento degli interventi diventa particolarmente pericoloso”.