Coronavirus, Codogno modello all'estero: parla il primario
Il primario ha parlato dell'esperienza vissuta nei tre mesi dell'emergenza e spiegato la nuova organizzazione del pronto soccorso
“Errori ne sono stati commessi, nessuno purtroppo può pensare di aver fatto tutto alla perfezione. Ma ci siamo confrontati con la prima pandemia dell’area occidentale da cent’anni, dai tempi della Spagnola”. Così Enrico Storti, il primario di anestesia e rianimazione degli Ospedali di Lodi e Codogno, ha descritto in un’intervista al Messaggero la prima fase dell’emergenza coronavirus in Italia.
“Abbiamo avuto – ha detto- la rapidità e la lungimiranza di capire subito che eravamo di fronte a uno scenario non convenzionale e lo abbiamo affrontato con mezzi straordinari”.
“Abbiamo quadruplicato i letti in terapia intensiva, superato la differenziazione tra internista, pneumologo, rianimatore creando aree omogenee per intensità di cura, nelle quali hanno operato medici di varie specializzazioni. Questo – ha spiegato – ci ha permesso di ottimizzare le risorse e lavorare in modo più efficace ed efficiente”.
“Abbiamo messo tutto subito in rete, ottenendo un grande riscontro. Ci muoveva la certezza che la nostra esperienza potesse far guadagnare tempo ad altri e infatti ci hanno chiamato dagli Usa, dall’Inghilterra, dalla Spagna, ci siamo confrontati anche con i colleghi di Wuhan”.
Storti ha rivelato di aver spesso temuto di non farcela in questi tre mesi, “i più duri della mia vita“. “Faccio questo lavoro da trent’anni, ma qui – ha detto – eravamo in uno scenario di guerra, da cooperazione internazionale. E non è stato facile nemmeno dal punto di vista emotivo e per le ricadute personali, dovevamo difendere le nostre famiglie dal contagio”.
Il pronto soccorso di Codogno ha appena riaperto e nel primo giorno è stato subito messo alla prova con un caso sospetto e un’anziana malata di Covid. Il primario ha spiegato che il pronto soccorso è stato riaperto “in maniera completamente diversa da come lo avevamo lasciato”.
“Dopo quello che è successo – ha detto – abbiamo adottato un meccanismo di reazione che per noi medici e infermieri è diventata una costante: fino a prova contraria, tutti i pazienti sono potenzialmente affetti dal virus. E quindi ragioniamo di conseguenza”.
“È stato organizzato un triage medico diverso da quello solo infermieristico. Il paziente viene subito intercettato, misurata la temperatura, eseguita l’anamnesi e l’ecografia polmonare. Sulla base dei referti viene fatto il tampone e indirizzata la traiettoria: positivo o negativo. È un pronto soccorso nuovo per logistica e funzionalità, raccoglie l’esperienza che ahinoi ci siamo fatti”.
Storti non azzarda previsioni su una eventuale seconda ondata dell’epidemia: “In ogni caso il nostro ospedale è attrezzato. Anche perché è chiaro che non tornerà tutto come prima. Siamo pronti ad affrontare eventuali nuovi contagi sulla scorta dell’esperienza: nella nostra terapia intensiva dal 21 febbraio a metà maggio abbiamo avuto più di 100 pazienti, tutti Covid”.