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Christa Wanninger e il mistero di Via Veneto a Roma: la figura di Guido Pierri e i legami con l'omicidio

Il 2 maggio 1963 l'omicidio di Christa Wanninger scosse la dolce vita di Roma. Qual era il ruolo di Guido Pierri? La storia del mistero di via Veneto

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La vita di Guido Pierri è inevitabilmente collegata alla morte di Christa Wanninger, l’aspirante attrice uccisa a Roma in un assolato pomeriggio di primavera: il suo omicidio diverrà noto come il mistero di via Veneto. Diciamo “inevitabilmente” perché il suo ruolo all’interno della vicenda è sfumato, quasi impercettibile, eppure sarà lui stesso ad entrare a gamba tesa nel giallo con una telefonata a una redazione della Capitale. Inizialmente si spaccia per informatore, poi finisce in manette. Ora, però, muoviamoci a ritroso nel tempo finché possiamo sentire una soffusa musica swing o jazz, a seconda del contesto che vogliamo ritrovare. È il pomeriggio del 2 maggio 1963 e sono gli anni in cui a Roma si respira la dolce vita, il retaggio felliniano del boom economico. Qualche anno dopo, in Italia, esploderanno le bombe. In quel pomeriggio, al quarto piano di via Emilia 81, una donna urla tutto il suo strazio.

L’omicidio di Christa Wanninger

Christa Wanninger ha 23 anni ed è una aspirante attrice e modella nata a Monaco di Baviera. Nella Città Eterna Christa sogna Cinecittà, ma la scalata verso la dolce vita è ancora lunga. Per questo vive nella Pensione Leonardi di via Sicilia 24, dove conserva tante agende pingui di numeri di telefono che custodisce accanto al suo letto separato dal mondo da una semplice tendina. Il 2 maggio 1963 Christa telefona alla sua amica Gerda Hodapp che vive in via Emilia 81, a pochissimi passi da via Veneto. Vuole dormire da lei e passare del tempo insieme, ma Gerda le dice che vuole riposare e respinge l’offerta.

Christa Wanninger non le dà ascolto. Alle 14:30 arriva in via Emilia, sale fino al quarto piano e sta per suonare il campanello dell’appartamento di Gerda. Qualcuno, però, la raggiunge sul pianerottolo e la colpisce con sette coltellate. Christa urla di terrore e dolore, poi rovina sul pavimento in una pozza di sangue.

Christa Wanninger mistero Via Veneto Roma Guido Pierri omicidioFonte foto: ANSA
‘La Dolce Vita’ di Federico Fellini creò un forte immaginario di una via Veneto come cuore pulsante di una Roma piena di fascino e possibilità: l’omicidio di Christa Wanninger e la storia di Guido Pierri tinsero di nero quel mondo edulcorato

Alcuni inquilini accorrono al pianerottolo del quarto piano e incontrano la ragazza agonizzante. Nel frattempo arriva un’ambulanza e la via Emilia diventa una scorribanda di polizia, soccorritori e giornalisti. In un attimo, il velo dorato della dolce vita felliniana viene squarciato da un punto di nero, o noir.

Christa Wanninger viene uccisa a pochi metri da via Veneto, negli stessi luoghi in cui i paparazzi si appostano a caccia di vip da immortalare per riempire le copertine dei rotocalchi e nutrire il pubblico appassionato di cronaca rosa. Un terremoto morboso, che ora porta i professionisti dell’informazione a unirsi in un’unica domanda: chi, e perché, ha ucciso Christa Wanninger?

I sospetti su Gerda Hodapp

Le prime ombre sul caso arrivano da Gerda Hodapp. L’amica di Christa Wanninger, infatti, rimane nel suo appartamento nonostante le urla strazianti della 23enne, né fa capolino mentre gli altri residenti accorrono per capire cosa sia successo su quel pianerottolo, proprio di fronte al suo portone d’ingresso.

Quando la polizia la interroga, Gerda dice che in quel momento dormiva e per questo non ha sentito alcun frastuono. Agli agenti spiega che quel pomeriggio Christa le aveva chiesto il permesso di farle visita, ma lei le aveva negato l’incontro. I poliziotti iniziano a insospettirsi: come può non essersi svegliata per le urla dell’amica e per le voci concitate degli altri inquilini? Con l’accusa di favoreggiamento, Gerda Hodapp viene trasferita per qualche settimana al carcere di Rebibbia.

Gerda ha coperto l’assassino? Gli ha indicato la fuga da una uscita secondaria? Gli inquirenti non hanno alcuna prova, dunque la lasciano libera. Lo stesso fanno con il fidanzato di Christa e con il compagno di Gerda, entrambi coperti da alibi di ferro. Le indagini degli uomini del commissario Domenico Migliorini si concentrano anche sulle rubriche personali della 23enne uccisa. Tra i nomi segnati sono presenti quelli di persone influenti, ma niente che possa essere utile agli investigatori. Chi ha ucciso Christa Wanninger? Il colpo di scena arriva dalla portiera di via Emilia 81, che svela un dettaglio inquietante agli agenti.

L’uomo in blu

La portiera riferisce che mentre Christa Wanninger veniva uccisa, lei si trovava al terzo piano. Attirata dalle urla della ragazza, si è lanciata sulle scale per salire al piano successivo e lì ha incontrato un uomo che indossava un abito blu. L’individuo appariva calmo e camminava nella direzione opposta. Allo sconosciuto ha chiesto cosa sia successo, e l’uomo in blu le ha risposto: “C’è una ragazza che urla al quarto piano”.

L’uomo in blu, riferisce la portiera, ha detto la stessa cosa ad altri inquilini che salivano di corsa le scale mentre lui, senza scomporsi, si avviava verso l’uscita del palazzo. Chi è l’uomo in blu? Mentre gli investigatori guidati da Migliorini cercano tra i contatti più prossimi della vittima, la stampa inizia a caldeggiare l’ipotesi di un delitto nato sullo sfondo del jet-set. Tuttavia, grazie alla testimonianza della donna gli agenti possono finalmente tracciare l’identikit di quel personaggio misterioso.

“Mio fratello ha ucciso Christa Wanninger”

Il 9 marzo 1964 alla redazione di ‘Momento Sera’ c’è il giornalista Maurizio Mengoni. Il telefono sulla sua scrivania squilla, lui risponde e dall’altra parte arriva la voce di un uomo. Costui non si qualifica, ma dice qualcosa di agghiacciante: “È stato mio fratello, ho i suoi diari. Vi aiuterò a prenderlo, ma dobbiamo essere cauti”. L’uomo chiede anche un compenso in denaro di una certa portata, e Mengoni riesce a trattare fino a mezzo milione di lire.

Mengoni prende tempo e cerca di trattenere l’uomo al telefono. I suoi colleghi nel frattempo contattano le forze dell’ordine per localizzare la telefonata. Gli agenti scoprono che quello sconosciuto sta telefonando da una cabina telefonica di piazza San Silvestro. Quando i poliziotti arrivano sul posto trovano l’uomo ancora attaccato alla cornetta.

Entra in scena Guido Pierri

Si chiama Guido Pierri, ha 35 anni ed è un pittore di Carrara. Con sé ha un coltello. Scattano le manette. I poliziotti perquisiscono la sua abitazione e trovano quattro quaderni, dipinti inquietanti e un abito blu. A proposito del coltello, Pierri spiega che lo aveva con sé “come un cavaliere porta la sua spada”. A proposito di quegli scritti, invece, spiega che si tratta di opere di pura fantasia ispirate dall’omicidio di Christa Wanninger.

Eppure tra quei testi gli agenti trovano una poesia datata “2-5-1963 ore 15“, praticamente mezz’ora dopo il delitto di via Emilia. Vero è che in assenza di dispositivi digitali che possano datare con più precisione un documento, quei riferimenti cronologici potrebbero essere frutto di un libero arbitrio. Eppure in quella poesia Pierri si definisce “servitore di un Mostro” che “per i suoi fini” lo fa vivere nel dolore, per questo sogna di sparire “nel vortice del nulla“. L’alibi per il giorno dell’omicidio non regge. Il suo aspetto, inoltre, è quasi coerente con quello dell’identikit. Guido Pierri è l’assassino di Christa Wanninger?

Nonostante i contorni della vicenda si facciano più definiti, contro Guido Pierri manca la prova schiacciante. Il pittore viene incarcerato per due mesi per tentata truffaporto abusivo d’armi, poi ottiene un’amnistia.

La pista internazionale e la morte di Renzo Mambrini

Per molti anni il mistero di via Veneto rimane al di sotto di altri incartamenti, perdendo tutta la priorità e l’interesse mediatico dei primi periodi. Il Belpaese è cambiato. In piazza Fontana, a Milano, è iniziata la stagione del terrore. Gli inquirenti cercano di spacchettare tutte le organizzazioni extraparlamentari e rincorrono militanti ed esponenti che minacciano di mettere a ferro e fuoco l’Italia, mentre nelle piazze si alternano cortei pacifici a vere e proprie guerriglie urbane.

Nel 1971 due giornalisti del settimanale tedesco ‘Quick’ sganciano una piccola bomba: dopo un incontro con Guido Pierri a Carrara pubblicano un reportage sul caso Wanninger nel quale suggeriscono un coinvolgimento del Sifar, il Servizio Informazioni Forze Armate. Il puzzle dei contatti presenti nelle rubriche della 23enne uccisa nel 1963 sembra ricomporsi: Christa conosceva segreti politici e militari di portata internazionale?

C’è un altro fatto: è vero che il fidanzato di Gerda Hodapp aveva un alibi di ferro per il pomeriggio dell’omicidio, ma si scopre che è stato un uomo del Sifar. La Procura di Roma riapre il caso. Alle notizie pubblicate da ‘Quick’ si aggiunge l’indagine parallela di Renzo Mambrini.

Renzo Mambrini è l’ex addetto stampa del generale Giovanni de Lorenzo, lo stesso che nel 1964 era stato convocato dal Presidente della Repubblica Antonio Segni per il Piano Solo, un piano di emergenza che si era rivelato un tentativo di colpo di Stato. Mambrini sostiene di avere informazioni importanti su Guido Pierri e presenta un esposto alla Procura di Roma. Improvvisamente, Mambrini muore in un incidente stradale.

Il processo contro Guido Pierri

Contro Guido Pierri, quindi, si apre la vicenda giudiziaria. Nel 1976 una perizia psichiatrica lo definisce affetto da disturbo schizofrenico, mentre nel 1977 viene arrestato con l’accusa di omicidio. Nel 1978 la Corte d’Assise lo assolve per insufficienza di prove.

Nel 1985 la Corte d’Assise d’Appello ribalta la sentenza e lo dichiara colpevole di omicidio volontario. Tuttavia, secondo la sentenza Pierri era incapace di intendere e volere nel momento dell’omicidio. Nel 1988 la Corte di Cassazione conferma la sentenza d’Appello: il pittore è colpevole del delitto di Christa Wanninger, ma mentre la 23enne periva sotto le coltellate lui era incapace di intendere e volere.

Nel momento della sentenza, tuttavia, Pierri viene riconosciuto come non pericoloso, dunque non andrà in carcere. Colpevole, ma libero perché non in sé mentre uccideva Christa Wanninger. Restano tanti, troppi, i punti da chiarire sulla vicenda. Uno di questi è la reale posizione di Gerda Hodapp nell’omicidio dell’amica, ma anche il reale movente del delitto. In ogni caso, sul mistero di via Veneto cala il sipario in tutti i sensi. A 23 anni viene uccisa mentre rincorre il sogno di diventare famosa, un destino che si rivela beffardo: conquista le prime pagine, certamente, ma solamente da morta e ben prima di rendersi immortale.

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