Alberto Scagni condannato a 24 anni e 6 mesi per l'omicidio della sorella Alice: niente ergastolo, la sentenza
Alberto Scagni è stato condannato a 24 anni e 6 mesi dalla Corte d'Assise di appello di Genova per l'omicidio della sorella Alice, l'1 maggio 2022
La Corte d’Assise di appello di Genova ha confermato la condanna a 24 anni e mezzo per Alberto Scagni, l’uomo che il primo maggio 2022 uccise la sorella Alice sotto casa a Quinto, nella provincia del capoluogo ligure. Il sostituto procuratore generale Ezio Castaldi aveva chiesto l’ergastolo, ma i giudici hanno ribadito la pena emessa in primo grado accogliendo la dichiarazione di seminfermità per l’imputato.
- La sentenza di condanna su Alberto Scagni
- L'omicidio di Alice Scagni
- L'archiviazione per gli agenti e l'infermiera
La sentenza di condanna su Alberto Scagni
Scagni era in aula per la sentenza d’appello formulata nel primo pomeriggio di martedì 16 aprile dalla Corte d’Assise, che si doveva pronunciare sul ricorso della procura, per ottenere la massima pena, e della difesa, che aveva chiesto invece di cancellare l’aggravante della premeditazione.
Per l’accusa, come riportato da Repubblica, se è vero che il 42enne riportasse problemi psichici che impediscono “normali rapporti con il mondo” che lo circonda, le sue condizioni mentali non gli avrebbero impedito di essere consapevole di cosa stesse facendo il primo maggio 2022, quando uccise la sorella Alice.
Alberto Scagni in aula durante il processo di primo grado
Per il sostituto procuratore Castaldi, inoltre le modalità dell’omicidio avrebbero dovuto portare al riconoscimento delle aggravanti, oltre alla premeditazione, anche dei futili motivi e del mezzo insidioso.
I giudici hanno però respinto le richieste di accusa e difesa, recependo le conclusioni del perito del gip e confermando la condanna in primo grado, oltre a disporre per Scagni, dopo il carcere, anche la permanenza per almeno tre anni, in una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza.
L’omicidio di Alice Scagni
Il primo maggio di due anni fa, il 42enne si era appostato per ore sotto casa della sorella Alice aspettando che scendesse con il cane, per poi colpirla a morte per 19 volte con un coltello portato da casa, nascosto dentro un sacchetto di plastica.
Sette ore prima dell’omicidio, Scagni aveva chiamato al telefono i genitori minacciando loro, la sorella e il cognato, se non avesse ricevuto dei soldi. Il padre aveva avvertito la questura ma le volanti non erano intervenute perché “non c’era un pericolo attuale e concreto“.
In aula per la sentenza di appello erano presenti come sempre il marito della vittima, Gianluca Calzona, e i genitori Graziano Scagni e Antonella Zarri.
“Alberto deve essere curato, invece lo mettono in carcere e poi quando sarà vecchio in una Rems” è stato il commento della madre al verdetto.
L’archiviazione per gli agenti e l’infermiera
La sentenza della Corte d’Assise di appello arriva a pochi giorni dall’archiviazione del procedimento bis sull’omicidio Scagni, sulla presunta omessa denuncia per la quale erano indagati due poliziotti e della dottoressa del dipartimento di Salute mentale della Asl3.
“L’eventuale invio di una pattuglia – ha scritto la giudice Carla Pastorini nel provvedimento di archiviazione, riportato da il Fatto Quotidiano – non avrebbe potuto impedire l’evento posto che, per la tipologia del reato, gli operanti, a parte il caso di intervento mentre erano in corso le minacce, non avrebbero potuto ricercare lo Scagni, non avrebbero potuto accedere alla sua abitazione, non avrebbero potuto arrestarlo”.
“La dottoressa – si legge ancora – non è rimasta inerte, rifiutando di compiere un atto del suo ufficio, ma ha provveduto in maniera non corretta. La stessa sicuramente non voleva negare un intervento dovuto, ma ha agito con imperizia e negligenza”.