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Professoressa accoltellata da uno studente a scuola: cosa c'è dietro il gesto, l'intervista allo psicologo

Lo psicologo Alessandro Calderoni sulla professoressa accoltellata a scuola dallo studente: cosa potrebbe esserci dietro al gesto e come prevenire

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L’episodio di Abbiategrasso, in provincia di Milano, continua a far discutere. La professoressa 51enne accoltellata da uno studente di 16 anni è stata operata, e fortunatamente le sue condizioni fisiche non destano preoccupazione. Ad allarmare, però, è il gesto del ragazzo. Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha invocato lo sportello psicologico nelle scuole, del quale si parla da tempo e su cui ci sono diverse proposte di legge. L’intervista ad Alessandro Calderoni, psicologo e psicoterapeuta, ai microfoni di Virgilio Notizie.

Il fatto

Lunedì 29 maggio Elisabetta Condò, professoressa in una scuola di Abbiategrasso (vicino Milano), è stata accoltellata da un suo studente 16enne.

Nella serata di martedì 30 maggio le autorità hanno arrestato il ragazzo con l’accusa di tentato omicidio aggravato. L’insegnante è stata operata e non è in pericolo di vita.

Le parole del ministro Valditara

Sulla vicenda si è subito esposto il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara.

Ha immediatamente sottolineato come “dopo l’esperienza del Covid gli episodi di bullismo si stanno moltiplicando, proprio perché si è interrotta quella relazione interpersonale che è fondamentale nello sviluppo educativo. Voglio che si colga l’occasione per riflettere sull’introduzione dello psicologo a scuola. È un momento particolarmente difficile: il disagio dei ragazzi, anche a seguito del Covid, è molto aumentato”.

Ma come potrebbe funzionare e cosa può aver spinto il giovane ad aggredire con un coltello la sua insegnante, prima di minacciare i compagni con una pistola da softair?

ministro valditaraFonte foto: ANSA
Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara

L’intervista ad Alessandro Calderoni

Cosa manca nelle relazioni tra scuola e famiglia, e all’interno della famiglia stessa? A rispondere è lo psicologo e psicoterapeuta Alessandro Calderoni, fondatore dei centri Psymind e Relief a Milano: “Per una psicoterapia di un minorenne intanto va ricordato che occorre il consenso da parte di entrambi i genitori. Lo sportello psicologico, invece, servirebbe come supporto e ascolto ai giovani, compito al quale sono chiamati anche i genitori, con una maggiore condivisione delle emozioni”. Ecco la sua intervista concessa a Virgilio Notizie.

Cosa significa condividere le emozioni, oggi, dopo il Covid? Cosa è cambiato anche nelle famiglie, oltre che nei rapporti tra i ragazzi e i coetanei?

“Sicuramente in questo momento è importante riprendere le ‘comunicazioni’ tra i giovani e tra questi e una figura di riferimento, che potrebbe essere lo psicologo d’istituto. Ma c’è un aspetto che mi ha molto colpito: non solo che ci sia un ragazzo che accoltella una sua insegnante, gesto che fa parte dell’impulsività e della gestione della fragilità che certamente non va bene, ma può capire in adolescenza. Quanto il fatto che non ci fosse alcuna comunicazione reale tra famiglia e scuola: il padre sarebbe cascato dalle nuvole quando ha saputo che il figlio aveva 6 note. Significa non aver alcun contatto con la scuola: come è possibile nel 2023, quando c’è il registro elettronico? E come è possibile non ci fosse un dialogo in casa?”, si interroga Calderoni.

Ma cosa dovrebbero fare i genitori, cosa è venuto meno?

“Penso che sia Significa che non mi sto interessando di quel che accade a mio figlio. C’è da fare una riflessione: il Covid ha acuito una tendenza, quella dell’assenza dei genitori come persone in ascolto non giudicante. Il tutto in contemporanea con un momento di massimo isolamento dei ragazzi rispetto ai coetanei. Per paradosso, oggi i giovani sono sempre in contatto con tutti, ma senza perfettamente da soli. I giovani dai 14 ai 22, in genere, hanno una dose di ansia, abbassamento dell’umore e dell’autostima rispetto agli anni precedenti”, spiega lo psicologo.

Come ha inciso la pandemia in questo cambio sui giovani?

“Il tempo della pandemia non è recuperabile nei giovani che si sono visti privati del necessario contatto che comprende ascolto, confronto e ‘gruppalità’, cioè il senso di gruppo. C’è stata una sorta di chiusura completa su di sé, un’assenza del confronto con i pari età, sia in senso di sfida, perché i pari età costringono a ‘uscire’ da se stessi; sia nel senso di conforto, perché proprio la relazione con gli altri può permettere di scoprire alcune skillspersonali. Per tutta questa generazione, quindi, c’è questo pezzo di vita non recuperabile. Qui si innesta anche il fatto che c’è stata una grande assenza dei genitori come figure non giudicanti. In questo contesto lo psicologo scolastico potrebbe essere d’aiuto, ma non per proporre terapie”, spiega Calderoni.

Quale sarebbe la sua attività, a cosa servirebbe e che caratteristiche dovrebbe avere lo psicologo a scuola?

“Credo che lo sportello psicologico possa essere principalmente uno sportello d’ascolto. Lo psicologo dovrebbe essere abbastanza giovane, non psicoterapeuta anche perché non si potrebbe fare terapia vera e propria. Non si tratterebbe di offrire un intervento curativo, che non dovrebbe essere negli intenti dello sportello scolastico, quanto piuttosto di essere un supporto e un punto di ascolto attivo. Lo psicologo potrebbe dialogare con la famiglia, per segnalare eventuali fragilità e comportamenti che possono essere al limite”, spiga l’esperto.

Avrebbe, quindi, soprattutto una funzione di interfaccia tra la scuola, lo studente e la famiglia?

“Sì, esatto. Interverrebbe come interfaccia per gli adolescenti in un’età caratterizzata da forte impulsività, disregolarità, crisi di identità ed emozioni forti. Sarebbe utile a livello delle emozioni, perché se queste sono confidate ed esternalizzate, si riesce a fare una buona prevenzione prima che queste diventino dirompenti o possano trasformarsi in disturbi della personalità più seri”, osserva Calderoni.

In questo contesto, quindi, che ruolo dovrebbe avere la famiglia?

“Dovrebbe essere sempre coinvolta e sensibilizzata all’ascolto attivo. I genitori possono essere anche oggetto di ribellione durante l’adolescenza, ma madri e padri possono essere buoni educatori anche senza dover replicare un modello educativo impositivo come quello tipico con i bambini under 10. Dovrebbero seguire uno stile improntato a dare alcune regole, all’interno delle quali il ragazzo deve imparare a navigare, sapendo che se le trasgredisce ci sono delle conseguenze. Ma dovrebbero anche essere genitori disponibili all’ascolto emotivo: è un difficile equilibrio tra la pressione di porre domande molto frequenti sullo stato d’animo dei figli e porsi come figura che sa ascoltare senza sminuire o giudicare, limitandosi ad accogliere le confidenze. Il figlio dovrebbe sapere di potersi aprire senza il timore di essere svalutato o corretto”, consiglia lo psicoterapeuta.

In questo ambito si può inserire lo psicologo scolastico, come figura intermedia?

“Esatto. Io penso che potrebbe essere utile se si ponesse come una sorta di ‘professionalissimo fratello maggiore’, un po’ nonno, un po’ amico, un po’ fratello o genitore. Dovrebbe essere una persona dinamica, che sa ascoltare le emozioni, ma sa anche scendere nell’arena, proponendo soluzioni concrete, allenando anche le skill dei giovani nella vita di oggi. Potrebbe intervenire anche ambiti più estesi, come problemi di cuore, di compiti, di orientamento sessuale o bullismo”.

professoressa-accoltellata-studente-psicologo Fonte foto: ANSA / Psymind
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