Marco Carta assolto, pm fa ricorso in appello: la richiesta
Il pm Nicola Rossato ha depositato ricorso in appello contro l'assoluzione del cantante Marco Carta dall'accusa di tentato furto
Il pm Nicola Rossato ha depositato ricorso in appello contro l’assoluzione del cantante Marco Carta dall’accusa di tentato furto di 6 magliette alla Rinascente di Milano. Secondo quanto riporta l’Ansa per la Procura il 34enne dovrebbe essere condannato a 8 mesi per aver contribuito al furto commesso con un’amica rimuovendo “le placchette antitaccheggio” e nascondendole “nel bagno”. Per il pm il giudice è stato “molto indulgente” nel credere al cantante, malgrado le dichiarazioni di un “teste oculare”.
Il pm ha spiegato di aver già dato conto nel primo grado, davanti al giudice Stefano Caramellino, “di quante volte gli imputati hanno mentito” nell’interrogatorio di convalida anche sulla base, poi, della “visione dei filmati di videosorveglianza”.
Nel ricorso si legge che il giudice ha ritenuto di “dare la prevalenza nella ricostruzione degli eventi al narrato degli arrestati (l’amica di Carta si è assunta le responsabilità e per lei è stata decisa la messa alla prova, ndr)”, “rispetto a quello del teste oculare”.
Il tutto malgrado “la genuinità delle relative dichiarazioni” dei due fosse “ovviamente inficiata dal rapporto di amicizia e dalla preoccupazione della Muscas” per “le conseguenze mediatiche della vicenda che potrebbero derivare a Carta”.
Carta, ha precisato ancora il pm, “nega il proprio coinvolgimento, ma non riesce a spiegare quando e in che modo la Muscas avrebbe preso i capi di abbigliamento da lui indossati nel camerino”, ossia le 6 magliette del valore di 1200 euro.
Per la Procura, che intende smontare nel dettaglio tutti i passaggi delle motivazioni del verdetto, “l’intero percorso motivazionale” del giudice “parte dall’assunto che” il teste oculare, ossia l’addetto alla vigilanza della Rinascente, “non sia credibile e tutti gli elementi probatori a disposizione” sono stati “vagliati secondo tale prospettiva”.
Il giudice, infatti, nelle motivazioni, depositate a fine novembre, aveva sostenuto che la prova della colpevolezza del cantante era “insufficiente e contraddittoria”. E che era valida, invece, la ricostruzione alternativa, ovvero che a rubare le t-shirt fu l’infermiera e amica Muscas, che voleva fare un “regalo di compleanno” al 34enne.
Come riporta l’Ansa, la Suprema Corte ha stabilito che il giudice, nel non convalidare in direttissima l’arresto eseguito dalla Polizia locale, “non ha fatto buon governo” dei principi che regolano “l’arresto in flagranza di reato e la relativa procedura di convalida”.
Secondo quanto scritto nel ricorso, il giudice che ha assolto il cantante avrebbe cercato solo “di rinvenire elementi che potessero confermare” la propria precedente decisione di non convalidare l’arresto e ha sviscerato “le possibili ricostruzioni fattuali alternative per quanto improbabili o stravaganti“.
Tra le ricostruzioni “stravaganti” il pm cita anche quando il “giudice si sofferma sul calcolo, effettuato mediante una stima, del numero di persone che hanno frequentato” uno dei bagni della Rinascente quel giorno, “dopo Carta” e dove, secondo l’accusa, avrebbe nascosto le placchette antitaccheggio.
Tra i vari capitoli del ricorso della Procura, ad esempio, c’è anche quello che verte sull’uso del “termine ‘camerini’ anziché del termine al singolare ‘camerino'” che, “sembra paradossale“, scrive il pm, ma “è uno degli elementi usati dal Giudice per sancire l’inattendibilità del testimone”.