Il manager della Thyssenkrupp Harald Espenhahn è stato arrestato dopo 16 anni dal rogo che uccise i 7 operai
Il tribunale italiano aveva chiesto una pena di 9 anni e 8 mesi per il manager, che è stata poi adattata al diritto tedesco e ridotta a 5 anni
A quasi 16 anni dal rogo nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino, che nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 causò la morte di 7 operai, il manager tedesco dell’azienda, Harald Espenhahn, è stato arrestato e ha iniziato a scontare la sua pena in carcere.
L’arresto dopo 16 anni
L’arresto del manager Harald Espenhahn arriva dopo 16 anni dalla strage e dopo 7 dalla condanna della Cassazione per tutti gli imputati.
Espenhahn è stato arrestato e condotto in carcere in Germania il 10 agosto, ma la notizia è stata diffusa solo giovedì 17.
Il padre di una delle vittime del rogo dopo la conferma delle condanne nel 2016
La condanna è di 5 anni in carcere, di cui il manager non ha ancora scontato nemmeno un giorno, nonostante la sentenza italiana fosse stata confermata anche dal tribunale di Hamm nel 2020.
Nonostante la pena chiesta dal tribunale italiano fosse di 9 anni e 8 mesi, questa è stata poi adattata al diritto tedesco, che prevede una pena massima di 5 anni per omicidio colposo.
Le condanne per la strage
I fatti risalgono a dicembre del 2007, quando, poco dopo l’una di notte del 6 dicembre 2007, nell’acciaieria Thyssen di Torino una fuoriuscita di olio bollente investe 7 operai e prende fuoco.
Tutti i dipendenti, Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi, morirono dal 7 al 30 dicembre, alcuni dopo una lunga agonia.
Dalle indagini emerse come le misure di sicurezza all’interno della struttura fossero del tutto inadeguate.
Per la strage furono condannati per omicidio colposo e incendio doloso per negligenza quattro manager italiani, che hanno iniziato a scontare la pena dopo il verdetto, e due tedeschi.
Questi ultimi, a cui nel 2020 era stata concessa la semilibertà, avevano inizialmente presentato ricorso, negato dalla Corte costituzionale tedesca per l’evidente colpevolezza e perché “mancavano i presupposti”.
Le famiglie delle vittime
La madre di una delle vittime, Giuseppe De Masi, ha commentato l’arresto a LaPresse definendolo “una magra vittoria, amara”.
“Quando è arrivata la notizia quasi non ci credevo – spiega la donna – Abbiamo aspettato così tanto”.
Per i ritardi nell’esecuzione della pena è intanto in corso un procedimento alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che aveva accolto a novembre 2019 il ricorso dei famigliari delle vittime.
La corte di Strasburgo dovrà ora stabilire di chi sia la responsabilità dei ritardi tra Italia e Germania e valutare, eventualmente, un risarcimento dei danni alle famiglie.