Caso Fontana e la presunta donazione, spunta un messaggio in chat
Un messaggio whatsapp proverebbe un accordo preesistente sui camici tra il cognato di Fontana e la centrale acquisti della Regione
Proseguono le indagini sul caso della fornitura di camici alla Regione Lombardia che vedono indagati il presidente Attilio Fontana e l’imprenditore varesino Andrea Dini, fratello della moglie del governatore lombardo.
La Guardia di finanza ha trovato e sequestrato alla Dama spa, la società amministrata da Dini e di cui la moglie di Fontana detiene una quota, i 25mila camici mancanti della partita da 75mila pezzi destinata alla Regione Lombardia. Dopo il passaggio della fornitura a donazione la Dama ha cercato di rivendere altrove i 25mila pezzi non consegnati.
Finora si credeva che l’accusa di frode in pubbliche forniture contestata a Fontana, Dini e a Filippo Bongiovanni, direttore della centrale acquisti regionale Aria spa, riguardasse il fatto che Dini avesse cercato di rivendere i 25mila camici per rientrare in parte del mancato profitto dopo il passaggio della fornitura a donazione.
Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, i magistrati lavorano invece sull’ipotesi che la trasformazione improvvisa il 20 maggio della fornitura in donazione sia un trucco basato un un accordo preesistente.
Nelle mani dei pm ci sarebbe un messaggio whatsapp del 20 maggio dal quale appare che Dini cercava di vendere i 25mila camici già due ore prima di formulare per la prima volta l’offerta alla Regione di trasformare la fornitura in parziale donazione. Una donazione peraltro che la Regione formalmente non ha mai accettato.
Stando a questi elementi, l’ipotesi è che Dini fosse sicuro, per accordi precedenti, che la Regione non avrebbe più preteso i 25.000 camici restanti della partita.