Salpavano da Gela per trasportare migranti dalla Tunisia: arrestati 18 scafisti, 7 sono italiani
Trasportavano migranti dalla Tunisia alla Sicilia e incassavano fino a 70 mila euro per tratta. L'operazione si è conclusa con 18 arresti
Salpavano da Gela per trasportare migranti dalla Tunisia: per questo sono stati arrestati 18 scafisti, 11 tunisini e 7 italiani, al termine dell’operazione ‘Mare Aperto’ condotta dalla Procura di Caltanissetta.
- Scafisti arrestati: salpavano da Gela per prendere migranti in Tunisia
- Le intercettazioni: "Se ci sono problemi buttateli in mare"
- I profitti degli scafisti
Scafisti arrestati: salpavano da Gela per prendere migranti in Tunisia
Un’organizzazione a tutti gli effetti capillare, con base nel territorio siciliano e composta da 7 italiani e 11 tunisini. Questo è quanto scoperto dalla Procura di Caltanissetta nel corso dell’inchiesta ‘Mare Aperto’ che si è conclusa con 18 arresti avvenuti nella notte tra il 16 e il 17 novembre, con lo scontro tra Italia e Francia sull’immigrazione ancora sullo sfondo.
Secondo le indagini, il quartier generale dell’organizzazione si trovava a Niscemi (Caltanissetta), dove – scrive ‘Repubblica’ – viveva una coppia che gestiva il traffico di esseri umani. Tra Gela e Agrigento si muovevano gli altri membri dell’organizzazione, tutti dediti alla tratta dei migranti con un cospicuo tornaconto che poi veniva reinvestito per aumentare i profitti.
Migranti, arrestati 18 scafisti con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
Dal porto di Gela o di Agrigento, quindi, salpavano con le loro imbarcazioni per viaggiare verso la Tunisia, nelle città di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba, e fare quindi un carico di migranti da trasportare verso l’Italia.
In meno di 4 ore l’organizzazione riusciva a trasportare dalle 10 alle 30 persone, ovviamente in cambio di somme cospicue. La Questura Nissena, su disposizione della Procura di Caltanissetta, ha eseguito 18 arresti. Dodici persone coinvolte sono state tradotte in carcere, mentre per altre 6 sono stati disposti gli arresti domiciliari.
Il reato contestato dalla Procura è quello di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tra le persone coinvolte, sei risultano irreperibili e potrebbero essere fuggite all’estero.
Le intercettazioni: “Se ci sono problemi buttateli in mare”
A far partire le indagini è stato un incidente del 21 febbraio 2018, quando un’imbarcazione si incagliò dopo aver trasportato migranti al porto di Gela.
Da quell’episodio gli inquirenti sono venuti a conoscenza di una fitta rete criminale con base a Niscemi, in cui una coppia gestiva l’intero traffico. A Scicli (Ragusa) vivevano due tunisini con il ruolo di cassieri dell’organizzazione. Cinque italiani si occupavano della gestione degli sbarchi, ospitando i migranti in abitazioni private per consentire agli scafisti di rimettersi in mare per ripartire e raccogliere un altro carico.
Altri cinque tunisini gestivano i rapporti con la Tunisia. Dall’operazione ‘Mare Aperto’ sono emerse anche inquietanti intercettazioni dalle quali è stato possibile sentire le voci dei capi che ordinavano di “buttare in mare” i migranti qualora vi fossero stati problemi, anche solo con il motore.
I profitti degli scafisti
Ai migranti da trasportare dalle coste tunisine alla Sicilia venivano chiesti dai 3000 ai 5000 euro da consegnare prima della partenza. Per ogni tratta, quindi, l’organizzazione era in grado di incassare dai 30 mila ai 70 mila euro.
‘Repubblica’ ha riportato le dichiarazioni del prefetto Francesco Messina, che ha spiegato in quale modo il denaro veniva incassato dall’organizzazione: “Il denaro, raccolto in Tunisia, veniva poi inviato in Italia, attraverso alcune agenzie internazionali specializzate in servizi di trasferimento di denaro, per essere poi successivamente versato su carte prepagate in uso ai promotori dell’associazione, i quali lo reinvestivano, per aumentare i profitti”.
Gli investimenti, ovviamente, comprendevano anche l’acquisto di nuove imbarcazioni.