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Miccio: "Emergency in Calabria per garantire diritto alla salute"

Rossella Miccio (Emergency) fa il punto sulla situazione in Calabria: "Qui per restituire il diritto alla salute alle persone"

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Alcuni hanno applaudito all’iniziativa. Altri, come il presidente della Regione Nino Spirlì, l’hanno contrastata. Tra polemiche e pareri opposti, il lavoro di Emergency in Calabria è iniziato. È passato un mese esatto dalla sigla dell’accordo tra l’organizzazione non governativa e la Protezione Civile, il cui obiettivo era di dare supporto al sistema sanitario calabrese fortemente provato dagli anni di commissariamento e dall’emergenza sanitaria da Covid-19.

Con VirgilioNotizie abbiamo approfittato per fare il punto sullo stato dei lavori con la presidente Rossella Miccio.

A distanza di un mese dalla sigla dell’accordo a che punto è il lavoro di Emergency?

Siamo partiti dalla città di Crotone, dove abbiamo iniziato una collaborazione all’interno dell’ospedale per aumentare la capacità di risposta della struttura. Abbiamo già rivisto i reparti Covid, in questo momento ce ne sono due: uno gestito interamente da noi e l’altro dall’ospedale.

Contemporaneamente, abbiamo rivisto tutti i flussi organizzativi e le procedure di tutela sia degli operatori che dell’ambiente. Ci siamo poi interfacciati sul territorio e stiamo portando avanti un’analisi completa per potenziare le attività di supporto, di tracciamento e di monitoraggio.

La vostra collaborazione inizia in un momento di forte crisi che nasce tuttavia da una situazione non certo nuova, seppur amplificata dalla pandemia. Cosa pensa sia successo in Calabria in questi anni?

Noi lavoriamo in Calabria già da 8 anni, in particolare a Polistena, e abbiamo assistito ad un lento e progressivo depotenziamento della sanità pubblica a beneficio di quella privata. Si tratta di una strategia che nega, di fatto, il diritto alla salute dei calabresi. Non so dire quanto questo sia legato a precise scelte politiche, alla cattiva gestione o alla criminalità organizzata. Non so dire neanche quanti degli ospedali chiusi in questi anni possano essere utilizzabili.

Personalmente però mi prenderei del tempo per fare una valutazione attenta su come valorizzare ciò che c’è già e poi valutare eventualmente la riapertura delle strutture. Al netto di tutto, spero che questa sia l’occasione per ragionare sulla qualità del servizio sanitario, sulla sua importanza, e non solo sui piani di rientro.

A questo proposito, da molti sindaci – e non solo – del territorio è partita non molte settimane fa un’istanza precisa: la cancellazione del debito della sanità calabrese. Crede che sia una strada giusta?

Io sogno un mondo dove si parli di qualità della vita delle persone e dove ci sia la disponibilità a mettere in campo tutte le risorse possibili per garantirla, ovviamente senza sperperi e operando sempre nella massima trasparenza. I servizi non possono essere sacrificati perché la sanità è un diritto e va tutelata in quanto tale. Occorre piuttosto ragionare su come gestire meglio le risorse, destinandole tanto per iniziare al settore pubblico e non al privato.

La sanità privata, così come il lavoro che viene portato avanti dalle organizzazioni come Emergency, è sempre complementare al sistema sanitario pubblico, ma non rappresentano un sistema parallelo. Noi ci occupiamo di far emergere dei vuoti affinché vengano colmati. È lo Stato a doversi prendere cura dei cittadini, noi agiamo semplicemente secondo un principio di sussidiarietà.

Come ritiene che sia stata gestita l’emergenza Covid a livello nazionale?

Essere stati il primo paese europeo ad essere colpito non ha certo aiutato. Reputo tuttavia che siano due gli elementi che hanno pesato maggiormente. Da un lato, abbiamo pagato le conseguenze dei mancati investimenti nella sanità. Quando smetti di investire su una cosa così importante è ovvio che poi si finisce ad agire nell’emergenza. Ad esempio creare posti letto, elemento di cui si è discusso a lungo, non è un’operazione semplice: oltre che nell’aspetto logistico, occorrono investimenti nel personale ospedaliero, nelle assunzioni di medici.

Dall’altro lato ha pesato anche la regionalizzazione del sistema sanitario. È estremamente faticoso in molto regioni trovare un approccio comune e questo rischia di rallentare molto alcuni processi. Così le risposte ad un’emergenza rischiano di diventare tardive e confuse.

Siamo abituati a pensare ad Emergency come un’organizzazione che opera prevalentemente in zone di guerra e nel Terzo Mondo, in luoghi quindi concepiti sempre molto lontano da noi. Cosa significa il fatto che un’organizzazione come la vostra è stata coinvolta invece per rispondere ad un’emergenza in Italia?

Non mi meraviglio che anche il contributo delle organizzazioni come Emergency possa risultare utile, soprattutto in una situazione come questa. Anzi mi fa piacere che ci sia stata la lungimiranza di coinvolgere attori diversi e mettere insieme quindi diverse competenze. Mi auguro però che questa sia un’occasione utile per imparare una lezione importante.

È emersa con chiarezza la fragilità dei nostri sistemi, tant’è a soffrire sono anche i paesi più ricchi, non solo quelli poveri. È quindi importante imparare a prendersi cura di tutti e ad essere inclusivi perché è solo così che possiamo prenderci cura anche di noi stessi. Negare i diritti a qualcuno vuol dire negarli a tutti. Il virus non conosce confini e frontiere, attraversa i muri di qualsiasi casa, siano esse case ricche o povere.

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Chi è Guido Nicolò Longo, commissario per la Sanità in Calabria Fonte foto: ANSA
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