Covid, Italia uno dei Paesi con più morti tra anziani: lo studio
Uno studio italiano rivela i fattori che hanno portato l'Italia ad avere una percentuali di decessi tra gli anziani tra i più alti d'Europa
Perché l’Italia è tra i Paesi dove sono morti di Covid-19 più anziani di tutta Europa? La domanda è alla base di uno studio dell’Istituto nazionale per l’Analisi delle politiche pubbliche, riportato da Repubblica. La ricerca ha registrato una percentuale di decessi nelle fasce d’età avanzate tra le più alte del continente: 3,1% a fronte di una media del 2,4%. Peggio di noi, insieme a Grecia e Ungheria, solo la Bulgaria.
Covid, Italia uno dei Paesi con più morti tra anziani: la ricerca italiana
Inapp ha provato a dare una risposta al quesito analizzando l’indice di invecchiamento attivo (Active Ageing Index – AAI). Si tratta di un indicatore indicatore sviluppato dall’Unece, la United Nations Economic Commission for Europe che valuta 22 parametri individuali, raggruppati in quattro gruppi: occupazione, partecipazione alla vita sociale, vita indipendente in salute e sicurezza, ambienti abilitanti per l’invecchiamento attivo.
I risultati emersi dalla ricerca, come spiegato dal presidente dell’Inapp Sebastiano Fadda, dimostrerebbero che l’alto numero di Covid-19 tra gli anziani del nostro Paese non soltanto una questione di condizioni di salute, ma anche di ” vulnerabilità legata a differenti condizioni economico e sociali“.
Per Fadda infatti “la pandemia ha messo in evidenza come un numero sempre maggiore di persone anziane si trovi in condizione di fragilità, soprattutto se relegate nelle Rsa o prive di adeguata assistenza domiciliare. Mai dunque, come in questo momento, sono necessarie misure per favorire l’invecchiamento attivo: queste persone devono tornare ad essere artefici del proprio benessere”.
Covid, Italia uno dei Paesi con più morti tra anziani: gli aspetti da curare
Non basta quindi un allungamento delle aspettative di vita, dalla ricerca emerge la necessità di sviluppare anche un sistema organico di politiche a sostegno all’invecchiamento attivo, tramite una maggiore attenzione alla prevenzione sul piano sanitario, alle diete salutari, l’esercizio fisico, al mantenimento di attività cognitive, all’importanza di mettere a frutto il tempo libero e di coltivare relazioni sociali ed affettive.
“Avere un transizione graduale verso l’abbandono degli impegni lavorativi – ha spiegato ancora Fadda – costituisce un’asse su cui sviluppare concrete politiche di sostegno. Questa dovrebbe essere la strada da perseguire perché l’anziano continui ad essere protagonista del proprio benessere e non solo oggetto di assistenza.”