Bidello pedofilo continua a lavorare e molesta altri bimbi a Roma: condanne ignorate dalle scuole
L'uomo era già stato condannato due volte per reati di violenza sessuale nei confronti di minori, ma era rimasto nelle graduatorie del personale scolastico
Per oltre 25 anni ha continuato a girare per le scuole lavorando come bidello nonostante le due condanne per violenza sessuale nei confronti di altrettanti bambini, fino a quando non ha commesso abusi su un altro alunno. Come riportato dal Corriere della Sera, per quest’ultimo episodio il Miur è stato condannato a versare alla famiglia della vittima 188mila euro, ma la Procura regionale della Corte dei Conti richiede adesso il risarcimento per una quota parte al dirigente ministeriale che non aveva controllato il passato del pluricondannato lasciando il suo nome nelle graduatorie del personale Ata.
La vicenda
I magistrati della Corte dei Conti ricostruiscono il profilo penale del bidello a partire dall’ultima condanna per il quale il ministero dell’Istruzione ha dovuto risarcire la famiglia della piccola vittima.
“Le molestie erano avvenute già in precedenti anni scolastici nei confronti di altri allievi a testimonianza di un atteggiamento recidivo nonostante le condanne già ricevute sempre in sede penale”, è scritto nell’atto di citazione in giudizio.
L’uomo, originario di Pozzuoli e oggi quasi settantenne, è stato condannato a 6 anni nel carcere di Caserta e all’interdizione in perpetuo “da ogni ufficio o servizio in istituzioni frequentate da minori” per l’ultimo abuso avvenuto nel 2008.
Il bidello non avrebbe però dovuto lavorare a contatto con minori già da anni, secondo quanto stabilito dai giudici in due sentenze precedenti risalenti al 1991 e al 2005.
I precedenti
Nel ’91 si era già reso responsabile di una serie di reati, come violenza carnale, atti osceni e ratto a fine di libidine, per i quali era stato escluso dalla partecipazione ai concorsi per le graduatorie scolastiche provinciali, ma sui quali era stato riabilitato dal tribunale di sorveglianza di Napoli.
Nel 2005 il secondo episodio di abusi nei confronti di una bambina di una scuola media romana, in seguito al quale, come riporta Il Messaggero, era stato condannato a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione e “all’interdizione perpetua da qualsiasi incarico presso le scuole”.
Una relazione dettagliata era stata trasmessa all’Ufficio scolastico regionale, ma non sarebbe stata vista dal funzionario regionale che avrebbe così permesso al bidello di continuare ad essere assunto negli istituti.
La citazione della Corte dei Conti
Dopo 12 anni, nel 2020, i giudici del tribunale civile avevano riconosciuto alla famiglia dell’ultima vittima il diritto al risarcimento da parte del Miur, che secondo la procura della Corte dei Conti può rivalersi sul dirigente per una somma di circa 28mila euro.
“La responsabilità – scrivono i magistrati contabili – nel caso di specie, non può essere ascritta al solo bidello ma in parte deve essere attribuita anche all’Ufficio scolastico regionale che con l’inserimento delle graduatorie Ata di un lavoratore nei confronti del quale aveva già instaurato un procedimento disciplinare per atti di pedofilia e che aveva denunciato alla Procura della Repubblica, ha reso possibile un impiego lavorativo sicuramente rischioso per i minori a contatto con il bidello già condannato più volte in sede penale”.