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Rifiuti radioattivi in Italia, le regioni con più scorie: come vengono gestite e messe in sicurezza

In Italia il tema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi è ancora attuale, nonostante la fonte energetica del nucleare sia stata abolita da tempo

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In attesa che si trovi un accordo per realizzare un deposito nazionale nel quale collocare definitivamente i rifiuti radioattivi provenienti dallo smantellamento degli ex impianti nucleari e dalle attività nel campo sanitario, industriale e della ricerca, le scorie made in Italy sono custodite in depositi temporanei (situati anche all’estero) che ne consentono la gestione in sicurezza e l’isolamento dall’ambiente.

Ma dove si trovano principalmente questi rifiuti radioattivi e quanti sono realmente? Vediamo qual è la situazione attuale in Italia e cosa intende fare il governo.

Che cosa sono i rifiuti radioattivi

I rifiuti radioattivi, come spiega il decreto legislativo n. 230 del 17 marzo 1995, sono “materie radioattive prodotte o rese radioattive mediante esposizione alle radiazioni inerenti alle operazioni di produzione e di impiego di combustibili nucleari”.

In sostanza, si tratta di materiale che presenta radioattività naturale o indotta artificialmente, utilizzato anche per scopi industriali, agricoli, medici e scientifici, o che deriva dallo smantellamento di vecchi impianti nucleari presenti sul territorio.

Quando questi materiali radioattivi prodotti non possono essere più utilizzati, si trasformano in rifiuti pericolosi. Emettendo radioattività, devono essere gestiti in maniera adeguata, in modo da evitare rischi per l’uomo e per l’ambiente, seguendo rigide norme europee e nazionali.

Esistono diverse categorie di rifiuti radioattivi, alle quali corrispondono diverse modalità di gestione, a seconda della concentrazione di radionuclidi e del tempo in cui la radioattività decade.

Operaio indossa maschera antigas e tuta protezione radioattivaFonte foto: iStock

Dove si trovano e quante sono le scorie radioattive in Italia

Gli ultimi impianti nucleari del nostro paese hanno chiuso negli anni Ottanta. Le installazioni industriali monitorate sono attualmente 18, di cui 15 in Lombardia, una in Veneto e due in Toscana.

Le più recenti e attenzionate si trovano a Borgo Sabotino (in provincia di Latina), Trino (in provincia di Vercelli), Caorso (nel Piacentino) e Garigliano (nel Casertano). Ma i centri che producono o detengono rifiuti radioattivi sono decine: alle quattro centrali citate, si aggiungono quattro impianti del ciclo del combustibile, i centri di ricerca nucleare, i centri di gestione di rifiuti industriali e i centri del Servizio Integrato.

Il 99% del combustibile irraggiato dalle quattro centrali nucleari nazionali dismesse non si trova più in Italia: è stato inviato in Francia e in Gran Bretagna, per essere sottoposto a riprocessamento. Ma questi rifiuti radioattivi generati sono destinati a rientrare nel nostro paese.

Nel 2021, il saldo tra i nuovi rifiuti prodotti e quelli inviati all’estero, trattati tramite supercompattazione o fusione, registra un aumento di 60,9 metri cubi rispetto al 2020, per un totale di 31.812,5 metri cubi.

A far crescere il volume complessivo di scorie radioattive presenti in Italia sono le attività di smantellamento e di bonifica. La prima è legata al processo di decommissioning (ovvero di disattivazione) di alcuni impianti; la seconda, invece, riguarda polveri di fumi e scorie di fusione, oltre a rottami o terreni mescolati con elementi contaminati (quasi sempre l’isotopo radioattivo del Cesio, Cs-137).

Le regioni dove le scorie radioattive sono in aumento

Secondo l’ultimo rapporto annuale dell’Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, nel 2021 in Italia è cresciuto, anche se di poco, il volume delle scorie radioattive. In calo, invece, la radioattività complessiva dei rifiuti stoccati.

Le regioni italiane con la maggiore crescita di scorie radioattive in un solo anno sono: Piemonte (da 5.384 metri cubi a 5.824 metri cubi; qui si concentra più del 70% della radioattività totale nazionale); Toscana (da 894 metri cubi a 1.034 metri cubi); Lazio (da 9.504 metri cubi a 10.026 metri cubi, qui è stoccato il 31,5% dei volumi nazionali); Basilicata (da 3.526 metri cubi a 3.822 metri cubi) e Puglia (da 535 metri cubi a 625 metri cubi).

Il caso della centrale nucleare di Borgo Sabotino (Latina)

Il Lazio si conferma la regione con la maggior quantità di rifiuti radioattivi in Italia. Come detto, qui è stoccato il 31,5% dei volumi nazionali, pari a poco più di 10mila metri cubi.

Il recente aumento di scorie in regione è causato delle operazioni di smantellamento e bonifica presso la centrale di Borgo Sabotino (Latina), rimasta attiva dal 1964 al 1987: qui, nel 2021, erano presenti 2.389,88 metri cubi di rifiuti radioattivi, +540,88 metri cubi rispetto al 2020.

In quali regioni vi è il minor volume di rifiuti radioattivi

In Lombardia, Emilia-Romagna e Campania diminuisce il volume di rifiuti radioattivi detenuti. La variazione, in negativo, in Lombardia (da 6.167 a 6.110 metri cubi, -57 metri cubi) è determinata dal bilancio tra nuovi rifiuti prodotti e trattamento di riduzione di volume su quelli già presenti.

Nel caso dell’Emilia-Romagna, invece, la sostanziale diminuzione dei rifiuti (da 2.837 a 1.880 metri cubi, -957 metri cubi) è dovuta al completamento del trasferimento in Slovacchia delle resine della Centrale di Caorso per il loro condizionamento mediante incenerimento.

Il volume di rifiuti presso la Centrale di Caorso è infatti passato da 1.816,52 metri cubi (dato del 2020) a 1.201,01 metri cubi al 31 dicembre 2021 (-615,51 metri cubi).

L’invio di materiali metallici radioattivi dalla Centrale di Garigliano all’estero, per il loro trattamento mediante fusione, è infine all’origine della diminuzione di rifiuti radioattivi detenuti in Campania (da 2.905 a 2.490 metri cubi, -415 metri cubi).

Qual è il livello di radioattività in Italia

Per quanto riguarda la radioattività, la regione che figura al primo posto è il Piemonte (2.023.654 Giga-Becquerel, pari al 72,65% del totale nazionale), seguito da Campania (353.868 GBq, il 12,7% del totale), Basilicata (243.578 GBq, l’8,74%), Lombardia (98.396 GBq, 3,53%), Lazio (57.758 GBq, 2,07%), Toscana (7.007 GBq, 0,25%), Emilia-Romagna (1.125 GBq, 0,04%) e Puglia (8 GBq).

Cala l’attività di sorgenti dismesse (-37.997,5 GBq rispetto al 2020, per un totale di 837.788,2 GBq) e combustibile irraggiato (-863,2 TBq rispetto al 2020, per un totale di 33.280,3 TBq): questa variazione è dovuta al fenomeno fisico del decadimento dell’attività dei rifiuti.

Deposito per i rifiuti nucleari, dove e quando sarà realizzato

Entro la fine del 2023, il governo conta di chiudere la partita per individuare la località dove sorgerà il maxi-impianto in cui stoccare 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi, tra scarti della filiera dell’atomo ormai dismessa e scorie dalla medicina nucleare e dall’industria. Ed entro il 2029 punta ad avviare il deposito a tutti gli effetti.

Il deposito nazionale che verrà realizzato nel nostro paese sarà un impianto definitivo di superficie per i rifiuti radioattivi a bassa e media attività.

L’Italia è uno dei pochi stati in Europa a non avere ancora una struttura di questo tipo. E paga cifre elevatissime, con contratti milionari, per “parcheggiare” alcune scorie in Francia e nel Regno Unito.

Ma dove sorgerà il deposito? Al momento, sono stati individuati 67 siti idonei, ma nessuno dei comuni interessati sembra voler accogliere l’impianto e le scorie radioattive.

Le aree selezionate da Sogin (la società di stato incaricata del decommissioning nucleare e della gestione dell’impianto) sono dislocate tra Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Dodici in particolare, tra le province di Torino, Alessandria e Viterbo, rispondono a pieni voti ai criteri stabiliti da Sogin.

Il deposito occuperà 150 ettari e sarà composto da 90 celle (costruzioni in calcestruzzo armato), che a loro volta conterranno i moduli in cemento, dove saranno collocati i contenitori di metallo con i rifiuti per i successivi 300 anni. Verrà realizzato anche un parco tecnologico per la ricerca e lo studio sui rifiuti nucleari.

Materiale radioattivo in Italia Fonte foto: iStock
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