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Referendum del 12 giugno, le ragioni del Sì e del No. Quali sono le posizioni dei vari partiti

Verso il referendum del 12 giugno: quali sono le ragioni del sì e quelle del no per i cinque quesiti sulla giustizia

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Oltre alle elezioni amministrative, che riguarderanno quasi mille Comuni, il 12 giugno 2022 i cittadini italiani saranno chiamati a votare per i referendum sulla giustizia promossi da Radicali e Lega. Si tratta di cinque quesiti abrogativi che chiedono la cancellazione di alcune norme relative al funzionamento dell’ordinamento giudiziario italiano.

I cinque referendum, per lo più quesiti tecnici, riguardano la riforma del CSM, la valutazione dei magistrati, la separazione delle carriere dei magistrati, i limiti all’uso della custodia cautelare e l’abolizione della legge Severino. Vediamo quali sono le ragioni del Sì e quelle del No ai referendum e quali sono le posizioni dei vari partiti.

Referendum del 12 giugno sulla giustizia, le ragioni del sì

“Anche se questa non è un’iniziativa sollecitata da Camere Penali, voteremo sì ai quesiti”, ha dichiarato a L’Espresso l’avvocato Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere penali italiane. “Tra quelli importanti il tema dell’abuso della custodia cautelare che va affrontato, sarebbe importante che l’opinione pubblica dia un segnale”, ha aggiunto.

Paola Rubinivicepresidente degli avvocati penalisti, è entrata più nel dettaglio a Pagella Politica, spiegando i motivi per votare Sì per ciascuno dei cinque quesiti referendari.

Le firme necessarie per candidarsi al Csm

Per quanto riguarda il quesito relativo al Csm, l’abrogazione dell’obbligo delle 25mila necessarie per candidarsi al Csm rappresenterebbe un passo in avanti nel ridurre il potere delle correnti all’interno della magistratura.

“Venticinque firme sembrano poche, ma sono una delle espressioni della logica delle correnti, ossia che ciascun magistrato offre la propria firma solo a determinati magistrati”, spiega Rubini.

La valutazione dei magistrati

Il referendum chiede che anche i membri laici dei consigli giudiziari, ossia avvocati e professori universitari, e non solo i membri togati possano partecipare alle valutazioni dei magistrati. Secondo i sostenitori del Sì ciò porterà ad un’attenuazione del peso delle correnti.

La separazione delle carriere dei magistrati

Il quesito punta a eliminare la possibilità per magistrati giudicanti e requirenti – giudici e pubblici ministeri – di cambiare la propria funzione nel corso della carriera. Secondo i sostenitori del Sì, la seprazione delle carriere aiuterebbe a garantire una maggiore imparzialità dei giudici.

I limiti all’uso della custodia cautelare

Il quesito chiede di limitare l’uso della custodia cautelare in carcere. I sostenitori del Sì argomentano che negli ultimi anni c’è stato in Italia un aumento sproporzionato dei provvedimenti di custodia cautelare.

Uno sbilanciamento, spiega Rubini, evidenziato dai dati del ministero della Giustizia secondo cui “il totale delle riparazioni, ossia dei risarcimenti, per ingiusta detenzione ammontava a più di 24 milioni di euro nel 2021”.

L’abolizione della legge Severino

Il quesito chiede l’abolizione della legge Severino, che dispone l’incandidabilità e la decadenza dalle cariche pubbliche dei politici che sono stati condannati, anche in primo grado, per alcuni tipi di reato.

Secondo la penalista Rubini “la sospensione dall’incarico per un amministratore locale dopo una sentenza di condanna non definitiva lede il diritto alla presunzione di innocenza sancito dalla nostra Costituzione”.

Referendum del 12 giugno, le ragioni del Sì e del No. Quali sono le posizioni dei vari partiti

Referendum del 12 giugno sulla giustizia, le ragioni del no

“Questi sono referendum che non aiutano le riforme”. Così a L’Espresso il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, boccia i referendum sulla giustizia. In particolare l’abolizione della legge Severino, bollata come “irragionevole” perché andrebbe ad eliminare “il rimo grande intervento di prevenzione della corruzione”.

Alfonso Gianni, rappresentante del “Comitato per il No ai referendum sulla giustizia”, ha esposto a Pagella Politica le ragioni del No per ciascun quesito referendario.

Le firme necessarie per candidarsi al Csm

Secondo Gianni anche nella magistratura, come in qualsiasi processo elettivo, “chi si candida deve partire da una base di consenso minima” da parte degli elettori, in questo caso i magistrati. Quindi l’obbligo delle 25mila firme per candidarsi al Csm deve restare.

 La valutazione dei magistrati

Secondo i sostenitori del No, il fatto che anche gli avvocati possano essere parte attiva nel giudizio di un magistrato potrebbe portare a situazioni di scambi, favori e ricatti tra avvocati e magistrati.

La separazione delle carriere dei magistrati

“Nella magistratura ci deve essere un comune sentire, proprio per questo abbiamo un corpo unico”, ha detto Gianni del Comitato per il No a riguardo del referendum sulla separazione delle carriere.

I limiti all’uso della custodia cautelare

Secondo i sostenitori del No, le possibilità di applicazione della custodia cautelare sono già circoscritte proprio per evitare possibili abusi: una loro ulteriore limitazione quindi comporterebbe un rischio per la sicurezza dei cittadini.

L’abolizione della legge Severino

Secondo Alfonso Gianni del Comitato per il No la legge Severino “è una misura assolutamente logica e necessaria, che deriva direttamente dall’articolo 54 della nostra Costituzione”, secondo cui le funzioni pubbliche devono essere svolte “con disciplina e onore”.

Referendum del 12 giugno sulla giustizia, le posizioni dei partiti

I partiti arrivano al referendum del 12 giugno con posizioni variegate e schieramenti a volte trasversali che sanciscono importanti spaccature nella maggioranza e all’interno delle coalizioni.

Referendum, i partiti favorevoli

Il principale partito a favore dei cinque quesiti referendari sulla giustizia è la Lega, che ha raccolto le firme per promuovere il referendum assieme ai Radicali. Come il partito di Salvini, anche Forza Italia ha espresso il sì ai referendum.

Il successo del voto, ha dichiarato Silvio Berlusconi il 21 maggio scorso, potrebbe “contribuire a cambiare davvero il rapporto fra lo Stato e il cittadino e fare dell’Italia un Paese più garantista e quindi più libero”. Anche Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda si sono espressi a favore di tutti e cinque i referendum.

Referendum, i partiti contrari

Il Movimento Cinque Stelle è il principale partito italiano che si oppone ai referendum. “I quesiti referendari sulla giustizia offrono una visione parziale e sicuramente sono inidonei a migliorare il servizio e a rendere più efficiente e più equo il servizio della giustizia”, aveva detto il leader Giuseppe Conte il 16 febbraio scorso.

Referendum, posizioni miste

Più articolata la posizione di Partito Democratico e Fratelli d’Italia. La linea del Pd sui cinque referendum sulla giustizia è quella della libertà di voto.

“Il Partito democratico non è una caserma e men che meno su questi temi. C’è la libertà dei singoli, essa rimane a maggior ragione per una materia come questa, così complessa, rispetto a quesiti molto diversi tra di loro”. Così il segretario del Pd Enrico Letta il 17 maggio scorso durante il suo intervento alla direzione nazionale del partito.

Letta è per il No, ha affermato che “una vittoria dei Sì aprirebbe più problemi di quanti ne risolverebbe”, mentre diversi esponenti del partito sono favorevoli ad alcuni dei cinque quesiti, come Giorgio Gori, Goffredo Bettini e Andrea Marcucci.

La linea di Fratelli d’Italia è diversa da quella degli alleati del centrodestra: il partito guidato da Giorgia Meloni è per il Sì a tre dei cinque quesiti referendari, mentre è contrario sia alla limitazione della custodia cautelare sia all’abolizione della legge Severino.

“La proposta referendaria sulla carcerazione preventiva – ha detto Meloni – impedirebbe di arrestare spacciatori e delinquenti comuni che vivono dei proventi dei loro crimini. La legge Severino deve essere profondamente modificata per le sue evidenti storture, ma la sua totale abolizione significherebbe un passo indietro nella lotta senza quartiere alla corruzione”.

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Letta Salvini e Meloni Fonte foto: ANSA
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