Michele Bravi, chiesto il patteggiamento: l'accusa al cantante
Il cantante ha chiesto un anno e mezzo per l'incidente del 22 novembre del 2018 nel quale è morta una 58enne che era in sella ad una moto
Il cantante Michele Bravi, secondo quanto riportato da Ansa, nel corso dell’udienza preliminare ha chiesto di patteggiare un anno e mezzo per l’incidente che il 22 novembre del 2018 ha causato la morte di una 58enne che era in sella ad una moto. In udienza c’era l’Associazione italiana familiari e vittime della strada che ha chiesto di costituirsi parte civile. Il giudice Di Milano Aurelio Barazzetta ha rinviato all’11 marzo per la decisione.
La Procura di Milano aveva dato parere favorevole alla proposta di patteggiamento del cantante a un anno e mezzo di carcere. Bravi ha già risarcito la famiglia della vittima, che quindi è uscita dal processo e non si è costituita parte civile. Al contrario questa mattina si è presentata in udienza l’associazione familiari e vittime della strada per chiedere di costituirsi parte civile come forma di protesta contro una “proposta irrisoria che svilisce la legge sull’omicidio stradale“.
E ancora: “Il pm si è opposto alla nostra costituzione, dicendo che questo non è un caso di omicidio stradale aggravato e che un caso come questo poteva capitare a chiunque”.
Manuel Gabrielli, legale del cantante, al termine dell’udienza ha dichiarato: “Michele Bravi sta vivendo male questa vicenda, lasciatemi dire che anche lui purtroppo è una vittima, a chiunque può capitare questo reato e chiunque può comprendere il suo stato d’animo. Lui è distrutto”.
Il legale ha chiarito che la proposta di patteggiamento concordata con la Procura è di un anno e mezzo “con pena sospesa”. Sull’ammontare del risarcimento alla famiglia della vittima il legale chiarisce “che sono dati riservati che nemmeno io conosco. La somma è stata pagata dalla compagnia di assicurazione”. Il legale ha anche sostenuto che i familiari della vittima “non hanno alcuna remora nei confronti del cantante che si è sempre comportato in modo corretto. Ha anche scritto una lettera due o tre mesi dopo l’incidente rappresentando il dolore che provava, la sua vicinanza e il vuoto per quello che era successo”.
E ancora: “Sia io come difensore che la pm di udienza ci siamo opposti alla costituzione di parte civile dell’associazione nazionale familiari e vittime della strada, in quanto secondo noi non è portatrice di un interesse collettivo. Le reali persone offese sono state tutte risarcite dalla compagnia di assicurazioni e sotto questo aspetto il procedimento poteva tranquillamente chiudersi oggi”.