La frecciata di Andrea Scanzi a Giorgia Meloni sulla Manovra in diretta tv e la battuta sul premierato
Andrea Scanzi attacca Giorgia Meloni e il testo della manovra: "Prima ha promesso mari e monti e poi fa ha fatto le nozze coi fichi secchi"
Andrea Scanzi torna ad attaccare il governo Meloni dagli studi di Otto e mezzo su La7: interrogato dalla conduttrice Lilli Gruber, il giornalista del Fatto Quotidiano ha espresso tre dubbi in merito alla manovra 2024.
- Andrea Scanzi critica la "manovruccia" del governo
- Meloni e il premierato forte
- Le risorse del Servizio sanitario nazionale
Andrea Scanzi critica la “manovruccia” del governo
Fra gli ospiti in studio c’era anche Italo Bocchino, ex esponente di spicco del centrodestra e oggi direttore del Secolo d’Italia, secondo il quale il testo approvato in Cdm il 16 ottobre è una buona manovra che aiuta i ceti più deboli.
“Mi verrebbe da dire ‘magari’… – ha replicato Scanzi – Secondo me questa manovra ha tre grandi difetti“.
“Il primo è una distanza enorme fra quello che aveva promesso Giorgia Meloni e quello che Giorgia Meloni poi effettivamente ha fatto”.
Scanzi dà ragione a chi dovesse sostenere che con le risorse disponibili non era possibile fare di più.
Però, puntualizza il giornalista, “tu questo lo dici anche in campagna elettorale perché se prometti mari e monti e poi fai una manovra che è una manovruccia… fai le nozze coi fichi secchi dove le nozze sono bruttine e i fichi secchi sono pessimi… non è che possiamo stare qui a esultare”.
“Se me lo dici prima ci rimango meno male!”, esclama Scanzi.
Meloni e il premierato forte
Per il giornalista il secondo elemento di criticità è correlato al fatto che “anche l’iter parlamentare di questa seconda finanziaria sarà completamente blindato“.
“Meloni ha detto ai suoi ‘non fate neanche un emendamento’ perché deve arrivare dritto alla sua esecuzione”.
“Questo – secondo Scanzi – significa sostanzialmente esautorare il parlamento” burocratizzando il voto dei parlamentari che dovranno limitarsi a premere un bottone per esprimere il loro voto.
“Non esiste la Camera, non esiste il Senato e di fatto il premierato di ferro che sogna la Meloni per certi versi c’è già”, ha spiegato.
Le risorse del Servizio sanitario nazionale
C’è infine un terzo elemento di criticità, secondo la firma del Fatto, che viene giudicato “il più gravi di tutti”, ovvero quello legato alle scelte strategiche del governo.
“La coperta è corta, siamo d’accordo, lo sappiamo tutti”, dice Scanzi. “Ma la coperta è corta anche in base alle scelte che si fanno e alla visione che si assume”.
“Se decidi di fare un deficit programmatico che sale dal 3,7 al 4,3 o 4,4 vuol dire un ulteriore scostamento di bilancio di 14 miliardi, così ottieni qualche soldino”, sebbene in deficit.
E quali sono le scelte del governo Meloni, si domanda Scanzi? La risposta: “Un sacco di condoni fiscali, fare un ponte sullo Stretto che non serve a niente e che ha tanti aspetti gravissimi e pericolosi”. Un ponte, dice, che “serve sostanzialmente solo a far sembrare bello Salvini”.
C’è poi il nodo della sanità pubblica, una delle voci principali della manovra economica, sulla quale “Meloni ha avuto coraggio di dire c’è un investimento che non si è mai visto”.
Scanzi replica mettendo gli investimenti per la sanità in rapporto al Pil in cui, dice il giornalista, si è passati dal “7% del 2022 al 6,6% del 2023 per andare adesso al 6,3%. Sono meno soldi, ragazzi! Noi non investiamo niente sul sistema sanitario nazionale!”
La nota di aggiornamento al Def (Documento di economia e finanza) prevedeva già di ridurre la spesa sanitaria da 134,7 a 132,8 miliardi di euro nel 2024.
L’obiettivo dichiarato dal governo è quello di razionalizzare il settore sanitario, risolvendo soprattutto la problematica relativa ai gettonisti, i medici con partita Iva che coprono le lacune di organico del Ssn lavorando con pagamento a gettone di presenza e facendo impennare i costi.
Il governo ha poi stabilito che gli extracomunitari dovranno pagare 2 mila euro all’anno per curarsi col Ssn.
Ma il 2024 è un anno spartiacque: lo stesso documento prevede un innalzamento della spesa a 135 miliardi per il 2025 e a 138,5 per il 2026.
Ciò che Scanzi contesta è il fatto che la spesa prevista non salga di pari passo alle previsioni sull’andamento del Pil, che si prevede in crescita.