Covid, come curare chi sta male a casa prima del tampone
Un documento firmato da quattro esperti fissa nuove regole per la cura dei pazienti a casa prima dell'esito del tampone per il Covid
Come curare chi sta male a casa prima dell’esito del tampone sulla positività al Covid? A questa domanda, ma non solo, si propone di rispondere un documento, in fase di pubblicazione sulla rivista ‘Clinical e Medical Investigation’, firmato da Giuseppe Remuzzi (direttore dell’Istituto Mario Negri), Norberto Perico, Monica Cortinovis e dal professor Fredy Suter (per 12 anni primario di Malattie infettive all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo).
La principale novità del documento è che la cura dei pazienti a casa non attende l’esito del tampone.
Tutto passa dal medico di base e dalla sua visita, in presenza o via Internet. Bandito il fai da te.
Partendo in anticipo rispetto all’esito del tampone, secondo i quattro autori, come riporta il ‘Corriere della Sera’, “si previene nella maggior parte dei casi la reazione infiammatoria che comunque, quando si manifesta, viene colta precocemente ed è quindi trattabile a domicilio”.
Questi i sintomi citati: tosse (presente nel 67% dei casi), febbre (43%), stanchezza, mialgia, mal di gola, nausea, vomito e diarrea.
In attesa dell’esito del tampone, secondo questo approccio, si inizia a trattare il coronavirus come qualunque altra infezione delle vie respiratorie.
L’altra novità introdotta dal documento dei quattro autori è lo sdoganamento dei farmaci antiinfiammatori: in questo nuovo approccio alla terapia domiciliare sono somministrati dall’inizio.
La Tachipirina è sostituita dall’Aspirina ai primi sintomi, in caso di dolori anche dall’Aulin (mai insieme) o altri rimedi simili, usati in quanto inibitori dell’enzima che scatena le infiammazioni nel corpo. Solo nei casi più seri si arriva al tradizionale cortisone.
Il protocollo, frutto dell’esperienza sul campo, è stato sperimentato su 50 persone con tampone positivo e con sintomi, tutte guarite senza passare dall’ospedale.
Suter ha spiegato che in Italia sono circa 30 i medici di base che hanno provato questo metodo, sperimentandolo su una platea stimata attorno ai 400 pazienti. “E nessuno di loro vuole tornare indietro”, il commento riportato dal ‘Corriere della Sera’.
Secondo gli autori è necessaria una medicina che abbia proprietà antinfiammatorie, virtù che manca al paracetamolo, elemento base della Tachipirina.
La terapia domiciliare, in questo approccio, procede con pochi e semplici esami fattibili anche a domicilio, come il classico prelievo di sangue, per verificare che non ci sia un rialzo degli indici di infiammazione e per tenere sotto controllo gli altri valori, come la coagulazione e la funzione renale.
La durata del trattamento dipende dall’evoluzione clinica. In caso di peggioramento, si passa a cortisone ed eparina. L’antibiotico, in genere l’Azitromicina, è riservato ai soggetti fragili. In certe condizioni, il medico di base può anche procedere alla somministrazione di ossigeno.
Secondo Remuzzi e Suter, tutte queste “sono piccole modifiche che speriamo risultino interessanti per curare subito e limitare i ricoveri”.