Sanremo deve reintegrare il vigile "in mutande" emblema dei furbetti del cartellino: sentenza e motivazioni
Il vigile di Sanremo "in mutande" emblema dell'indagine sui "furbetti del cartellino" ha vinto il ricorso: dovrà essere reintegrato
La foto che immortala Alberto Muraglia in mutande mentre timbra il cartellino è diventata l’emblema dell’indagine sui cosiddetti “furbetti del cartellino” di Sanremo. Il vigile della Polizia Locale, licenziato il 22 gennaio 2016 dopo la sentenza del giudice di lavoro di Imperia, ora dovrà essere reintegrato in quanto ha vinto il ricorso.
- Muraglia dovrà decidere se tornare a fare il vigile o accettare la buonuscita
- Il vigile: "Ho sofferto per 8 anni come un cane"
- L'indagine sui "furbetti del cartellino"
- La rabbia di Muraglia: "Bastava verificare gli orari"
Muraglia dovrà decidere se tornare a fare il vigile o accettare la buonuscita
Correva l’anno 2015. Lo scatto di Muraglia in mutande che timbra il cartellino fa il giro di tutti i social, i giornali e i tg. Dopo il licenziamento il vigile ha presentato ricorso e lo ha vinto. La sentenza è “direttamente esecutiva”, vale a dire che il Comune di Sanremo è obbligato al reintegro per il momento. Resta da capire se l’amministrazione della cittadina ligure deciderà di ricorrere in Cassazione.
Inoltre l’amministrazione dovrà pagare a Muraglia anche gli stipendi e i contributi arretrati degli ultimi otto anni. Il vigile ora potrà scegliere se rientrare effettivamente nel ruolo o se ricevere una buonuscita e continuare con la sua seconda vita lavorativa, da manutentore di condomini (oggi gestisce le piccole manutenzioni di 9 amministratori e quasi 500 condomini).
Il vigile: “Ho sofferto per 8 anni come un cane”
Repubblica ha raggiunto Muraglia che sta valutando come procedere: “Solo l’idea di poter rivestire la divisa che mi hanno strappato di dosso in quel modo, facendomi soffrire come un cane per otto anni, mi farebbe dire che sono pronto a ri-niziare domani mattina, ma la solo sentenza vale come una grandissima rivincita“.
E ancora: “Anni di grande sofferenza, in cui mi hanno sbattuto come un mostro sulle prime pagine di tutto il mondo in mutande, senza che io avessi fatto nulla”.
L’indagine sui “furbetti del cartellino”
L’indagine sui furbetti del cartellino fece un gran baccano a livello mediatico, provocando un’ondata di indignazione tra i cittadini. Il lavoro degli inquirenti aveva portato nell’ottobre del 2015 agli arresti domiciliari di 43 persone, sotto inchiesta un’altra ottantina.
Nel procedimento penale, Muraglia, accusato di falso e truffa, è stato assolto con formula piena sia in primo grado sia dalla Corte d’Appello di Genova. Tuttavia il Comune aveva rigettato la successiva richiesta di riapertura del procedimento disciplinare.
“A luglio mi avevano proposto una conciliazione, io con tutto il rispetto gli ho detto che l’avrei accettata avessi avuto qualcosa di cui pentirmi – ha raccontato sempre Muraglia a Repubblica, assistito dagli avvocati Alessandro Moroni e Luigi Zoboli -. E invece sono otto anni che soffro senza aver fatto nulla di male”.
E adesso? Si farà reintegrare oppure accetterà la buonuscita? “Se sarà soddisfacente, potrei semplicemente dire chiaro al Comune che non ho bisogno di loro, visto come mi hanno trattato. Anche se la tentazione di rientrare anche solo per poter tornare nella strade della mia città in divisa da vigile, e prendersi la rivincita più grande, è fortissima”.
La rabbia di Muraglia: “Bastava verificare gli orari”
Muraglia è ancora parecchio arrabbiato. Ha sempre sostenuto che timbrava in mutande prima di mettersi la divisa e iniziare a lavorare. “Mi fa rabbia che nessuno sia mai andato veramente a verificare gli orari, in questi anni”, ha detto Muraglia.
“Perché hanno permesso che quelle immagini diventassero un emblema? Se non fossi stato in mutande la mia vicenda non avrebbe avuto l’eco che ha avuto, probabilmente. Sono stato colpevole di malcostume, forse di una scorrettezza amministrativa, ma non certo di truffa allo Stato”, ha concluso il vigile.