Paolo Mieli e La Confessione su Silvio Berlusconi: perché non pubblicò la notizia dell’invito a comparire
Ospite di Peter Gomez a La Confessione, il direttore Paolo Mieli svela una dura verità su Scalfaro e Berlusconi
Paolo Mieli è uno dei giornalisti più autorevoli del panorama italiano. Entrato nel mondo dell’editoria negli anni ’60, nel tempo ha collaborato con i più importanti quotidiani nazionali, arrivando alla direzione de La Stampa prima e del Corriere della Sera dopo. Nella sua lunga carriera è stato testimone di grandi cambiamenti e qualche scandalo. E alcuni di questi li ha racconti al collega Peter Gomez, nella trasmissione La Confessione, compreso il suo più grande rimpianto riguardante Silvio Berlusconi e Luigi Scalfaro.
- Paolo Mieli, la verità su Berlusconi e Scalfaro
- La famiglia Agnelli tenuta all’oscuro
- A La Confessione anche la lite con Scalfari
Paolo Mieli, la verità su Berlusconi e Scalfaro
Nel corso della puntata de La Confessione, il programma condotto da Peter Gomez, andata in onda il 2 novembre su Rai 3, Paolo Mieli è tornato alla notizia più importante della sua carriera.
Si tratta dell’invito a comparire che l’allora premier Silvio Berlusconi ricevette dalla procura di Milano il 22 novembre 1994.
Oscar Luigi Scalfaro e Silvio Berlusconi
Mieli, allora direttore del Corriere della Sera, lo era venuto a sapere. Sarebbe stata la notizia più importante della sua carriera, ma non poté pubblicarla.
“Scalfaro mi chiese di rinviare la pubblicazione della notizia” ha confessato a Gomez il direttore, che quella sera di vent’anni fa scrisse preventivamente la sua lettera di dimissioni.
A chiedere di non diffondere la notizia su Berlusconi fu il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro: “Il capo dello Stato parlò con Borrelli (capo della procura di Milano, ndr)… Mi chiese di rinviare la pubblicazione per tanti motivi”.
La famiglia Agnelli tenuta all’oscuro
Scalfaro fu l’unica figura di rilievo a essere avvertita della pubblicazione (infine saltata) dello scoop sul Presidente del Consiglio.
“Stetti bene attento a non parlare con nessuno. – ha raccontato Mieli – Non dissi nulla neanche all’avvocato Agnelli”.
A essere a conoscenza della chiamata in Procura, oltre ai giornalisti che lo scoop lo avevano scoperto, soltanto l’allora presidente della Rizzoli-Rcs Alberto Ronchey.
Di lui Mieli racconta: “Eravamo, tra l’altro, molto amici. Lo avvertii e lo vidi molto imbarazzato”.
A La Confessione anche la lite con Scalfari
Nella lunga intervista a La Confessione, il giornalista ha ripercorso una carriera lunga oltre due decenni, iniziata a L’Espresso, appena 18enne, “perché ero fidanzato con la figlia di un illustre redattore”.
Una volta appreso il mestiere, si aprono le porte delle redazioni più importanti. La prima fu quella di Repubblica, diretta al tempo da Eugenio Scalfari.
Lo stesso Scalfari che, in seguitò, definì Mieli un “figlio ingrato”. E lui concorda, nel passaggio a La Stampa “sì, sono stato un po’ ingrato”.