Galli: "Pace con Zangrillo? Perché non può finire a tarallucci e vino"
Massimo Galli, prossimo alla pensione, fa il punto sulla pandemia Covid e sul rapporto con i colleghi
Dal primo novembre sarà un pensionato, ma resterà comunque in “trincea”: Massimo Galli, primario di Malattie infettive al Sacco di Milano, intervistato dal Corriere della Sera ha ampiamente parlato del suo futuro, del Covid, della tv (di cui è divenuto ‘star’ negli ultimi mesi assieme ad altri suoi colleghi) e di cosa farà una volta appeso il camice ‘al chiodo’.
“Non abbandono la trincea. Noi medici, assieme ai magistrati, siamo quel genere di persone che non vorrebbero mai andare. Però a Milano si dice: “Zucche e meloni alla loro stagione”. E dietro di me c’è chi merita di prendere questo posto”. Esordisce così Galli che aggiunge che l’arrivo del Covid è stato senza dubbio uno dei momenti più difficili della sua vita professionale. Ce ne sono stati però altri altrettanto duri.
“Se rivivo la galleria dei ritratti dei lutti – racconta -, mi tornano in mente tanti amici che ho visto morire di Aids. Gran parte della mia vita professionale l’ho passata a cercare una cura che frenasse quella malattia”.
Quando gli si domanda di una figura che l’ha particolarmente colpito in positivo nelle ‘operazioni’ relative all’arginamento della pandemia, fa il nome di “Guido Bertolaso per quello che ha fatto in Lombardia: è difficile per un tecnico prestarsi alla politica”.
A breve andrà in pensione: fine anche delle ospitate in tv? “La moda dei virologi mi fa arrabbiare – sottolinea -. Sono come molti colleghi invitato in continuazione in tv. Ma il committente è la gente. Per quell’enorme necessità di informazione e di dibattito in materia. Non siamo noi a reclamare spazi. E comunque per il mio futuro spero di no, ma temo di sì”.
Da quando, grazie alla tv, è diventato popolare, non sono mancati attestati di stima e congratulazioni nei suoi confronti, ma nemmeno attacchi da parte di qualche cittadino e qualche politico. Proprio per alcuni esponenti di partito, Galli riserva parole molto nette e dure. Arrivano quando gli si chiede cosa ne pensa di ciò che alcuni dicono, cioè quando viene sostenuto che è sempre in tv.
“Guardate le mie pubblicazioni: sono più di 60 da inizio 2000 – rimarca -. Agli ignoranti della politica che dicono più microscopi e meno tv, dico di avere più attenzioni al destino degli italiani e meno ricerca del consenso elettorale. Vado in tv, come sto in ospedale. Per fortuna dormo poco”.
Capitolo rapporto con i colleghi: con Alberto Zangrillo ha fatto pace? “A luglio 2020 ero tra i pochi a parlare di un autunno difficile. Purtroppo i morti della seconda ondata mi hanno dato ragione. Quindi con lui non può finire a tarallucci e vino. Ma dividere tecnici e medici tra destra e sinistra è stata un’operazione ridicola”.