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Coronavirus nato in una miniera nel 2012: la nuova teoria

Un'inchiesta sull'origine del coronavirus responsabile della pandemia di Covid-19 ha portato alla luce una nuova teoria

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Il coronavirus responsabile della pandemia mondiale di Covid-19 potrebbe aver fatto la sua comparsa nella prima volta già nel 2012, in una miniera di rame abbandonata nello Yunnan, nell’estremo sud della Cina. Alcune persone svilupparono una polmonite anomala dopo essere state mandate a ripulire la miniera, piena di guano e pipistrelli, terreno fertile per la nascita di micro-organismi e agenti patogeni potenzialmente letali. Ciò è quanto emerso da un’inchiesta sull’origine del coronavirus pubblicata dal ‘Sunday Times’.

Tre operai morirono in seguito al ricovero in ospedale, dopo avere sviluppato sintomi non riconducibili ad altre patologie conosciute.

Tre operai rimasti in vita, più un quarto che sarebbe morto successivamente, furono sottoposti a un test degli anticorpi e, dall’esame, emerse che nessuno di loro aveva contratto la Sars, ma tutti e quattro avevano contratto un nuovo tipo di coronavirus simile a quello che provocava la sindrome respiratoria acuta grave.

Il caso aveva attirato l’attenzione di un gruppo di scienziati, che raccolsero nella miniera centinaia di campioni per la ricerca. Tra loro c’era anche la scienziata Shi Zhengli.

I campioni fecali di 276 pipistrelli, raccolti in un anno, furono inviati all’istituto di Wuhan, dove era in costruzione il primo laboratorio in Cina di livello 4 di bio-sicurezza (il più alto), completato poi nel 2017.

Le prime scoperte indicarono la compresenza di più coronavirus nella miniera, come emerso da uno studio del 2016 a cui lavorò la stessa Shi Zhengli. Uno di questi era un “nuovo ceppo” di Sars, chiamato inizialmente RaBtCov/4991, riscontrato in un particolare tipo di pipistrelli.

Il laboratorio, però, aveva suscitato dubbi sull’effettiva sicurezza della struttura da parte degli scienziati dell’Ambasciata Usa in Cina che lo visitarono nel 2018, come emerso da cablogrammi diplomatici citati dal ‘Washington Post’ negli scorsi mesi.

Un altro fattore di preoccupazione, riporta ‘Agi’, sarebbero stati gli esperimenti sulla mutazione del virus per capirne il livello di infettività.

Quando si diffuse la notizia dei primi pazienti affetti da polmonite anomala, il 30 dicembre scorso, Shi Zhengli tornò velocemente da Shanghai a Wuhan. Per giorni controllò il laboratorio e le analisi compiute sui primi pazienti, molti dei quali avevano visitato un mercato locale che vendeva selvaggina. Non c’erano riscontri con i virus studiati in laboratorio, tesi sostenuta più volte in pubblico.

In uno studio del 3 febbraio scorso, pubblicato da ‘Nature’, Shi ha citato i pipistrelli come probabile origine del nuovo coronavirus, rivelando che il suo laboratorio disponeva di un virus con un livello di somiglianza a quello del Covid-19 pari al 96,2%. Il virus a disposizione nel laboratorio, nominato RaTG13, forniva la prova più vicina all’origine del coronavirus responsabile dell’ondata di polmoniti anomale.

Altri studi e conferme ricevute dallo stesso ‘Sunday Times’ avrebbero rivelato che quel virus sarebbe stato lo stesso RaBtCov/4991 scoperto nella miniera abbandonata dello Yunnan nel 2012 e rinominato.

Nonostante le smentite del laboratorio di Wuhan di avere avuto un ruolo nella diffusione del coronavirus, il Wuhan Institute of Virology è al centro di forti polemiche a livello internazionale.

Nei prossimi giorni, come riportato da ‘Agi’, una squadra di scienziati dell’Oms si recherà in Cina per iniziare le indagini sull’origine del coronavirus Sars-CoV-2 responsabile del Covid-19 e capire eventuali legami tra i pipistrelli dello Yunnan e il laboratorio di Wuhan, a oltre mille chilometri di distanza.

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Coronavirus, quali sono i farmaci che si stanno sperimentando Fonte foto: Ansa
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