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Dipendente dalla cocaina a 10 anni. Il medico: "È quotidianità"

Casi simili sempre più frequenti. Lo psichiatra spiega le motivazioni dietro le dipendenze sempre più precoci

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Era aggressiva e violenta, così i genitori hanno deciso di portarla in Pronto Soccorso, preoccupandosi per la sua salute psichica. In ospedale, l’amara scoperta: la bambina, 10 anni, di Vimercate (Monza), era in crisi d’astinenza da cocaina. Le analisi tossicologiche avrebbero evidenziato anche tracce di THC, il principio attivo della marijuana, nel corpo della piccola.

La bimba stessa avrebbe poi raccontato a medici e psichiatri la propria situazione.  Avrebbe iniziato a drogarsi per noia, con i soldi della paghetta, per colmare il vuoto dei lunghi pomeriggi passati da sola, perché figlia di genitori lavoratori. Il caso, riportato dal network Quotidiano Nazionale, ha fatto sorgere molti interrogativi. A iniziare dall’identità degli spacciatori.

La piccola su questo punto avrebbe alzato un muro impenetrabile, fatto di sguardi vacui, confusione e scatti d’ira improvvisi. Potrebbe trattarsi di coetanei o ragazzini poco più grandi, ignari dei pericoli della droga. O adulti senza scrupoli, che vendono cocaina ai bambini, in un ciclo di abusi psichici e fisici che potrebbero averla spaventata al punto di non farla parlare.

A soli 10 anni la bimba è entrata in una comunità per minori, dove sono già iniziate le cure per farla disintossicare dalle droghe e dal bisogno di sublimare con la dipendenza l’assenza dei genitori. Il primario di Psichiatria dell’ospedale di Vimercate Antonio Amatulli ha spiegato in un’intervista rilasciata a Il Giorno che storie del genere avvengono quotidiniamente in tutta Italia.

Lo psichiatra: “È un fenomeno nuovo e gravissimo”

“Come per gli altri giovani che riempiono le degenze, i sintomi lasciavano pochi dubbi sull’origine dei problemi”, la cocaina. “Quando è così, è il ritratto del dolore. I ricoveri dei minori sono cresciuti in modo esponenziale. È un fenomeno nuovo e gravissimo, fino a cinque anni fa praticamente non esisteva. Adesso, è quotidianità. E le strutture devono cambiare: sono pochi i reparti di psichiatria destinati ai minori, in Lombardia sono solo cinque. Dove non esistono, i ragazzini finiscono assieme agli adulti”.

“L’abuso di stupefacenti e di superalcolici, per quanto in aumento, non basta a giustificare tutto questo” ha continuato il medico. “Ci sono altre due cause: la complessità della società e l’inadeguatezza della famiglie e della scuola. Mancano ruoli chiari, senza i quali non si matura”. I ragazzini, trattati come piccoli adulti, “sviluppano talenti cognitivi, sono imbattibili con lo smartphone, ma a questa fioritura funzionale non corrispondono adeguate capacità intellettuali. Sono immaturi e disancorati“.

Per Antonio Amatulli “manca un sistema di valori da rielaborare per evolvere, ma che è un insostituibile punto di partenza. Uno dei due ventenni americani che ha confessato di avere ucciso il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega a Roma scriveva di sé su Internet: sono il re del nulla. Ecco, i ragazzi sono corde tese sul niente. Manca la base. E poi la figura del padre è assente. I papà sono pari, ce lo raccontano drammatici fatti come l’incidente di Alcamo in cui due figli muoiono perché il padre ha assunto cocaina, si è messo al volante postando un video su Facebook. È il terzo fratello, non un papà”.

Ma esistono soluzioni. “Bisogna ripensare al ruolo genitoriale e alla scuola. E poi la prevenzione è fondamentale. Si stima che il 50% degli adolescenti faccia almeno un’esperienza con la droga. Per il 20% diventa un’abitudine. E poi ci sono fenomeni nuovi come la drunkoressia. Si digiuna prima di ubriacarsi per evitare di ingrassare e per aumentare lo sballo. Senza trascurare il problema sociale. Uno stipendio in casa non basta. Spesso, per entrambi i genitori lavorare non è una scelta, ma un obbligo. E i figli talvolta si perdono”.

Ad attendere la bambina di 10 anni di Vimercate, invece, “una lunga strada, che coinvolge la famiglia. Nessun giudizio morale” da parte dei sanitare, “solo sostegno”. Per il medico si tratta di un “caso limite“, ma che “fa capire quale sia la tendenza di oggi e quale emergenza dovremo affrontare in futuro. Ma quei segni sono purtroppo inequivocabili: sguardo vuoto, rabbia, confusione”.

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