Chiude il bar per mancanza di personale, ma gli ex dipendenti lo smascherano: la verità sugli stipendi
Il titolare di un bar di Bologna costretto a chiudere per mancanza di personale è finito al centro di una polemica con i suoi ex dipendenti
Un noto bar del centro storico di Bologna è finito nelle ultime ore al centro delle polemiche dopo la decisione dei titolari di chiudere i battenti. Il motivo ufficiale risiede nel fatto che non sarebbero state trovate persone disponibili a lavorare su turni, nonostante uno stipendio ragionevole pari a 1300 euro. A detta degli ex dipendenti tuttavia non si tratta di una versione proprio trasparente.
L’offerta di lavoro
Le questione si è accesa dopo la pubblicazione di un articolo sulle pagine dell’edizione bolognese di Repubblica. “Non si trova personale – ha spiegato il proprietario del locale – non rispondono nemmeno all’annuncio“.
Secondo quanto raccontato c’è stata solo una richiesta di appuntamento da parte di una persona, che alla fine non si è neanche presenta. Parallelamente ci sono state alcune telefonate, ma non si è trattato di baristi esperti.
Nell’articolo è stata illustrata nel dettaglio l’offerta di lavoro proposta dal gestore: “Offriamo un’assunzione regolare come barista di quinto livello, con contratto collettivo nazionale del lavoro”. Ma dietro ci sarebbe dell’altro.
La versione degli ex dipendenti
In seguito alla lettura della notizia, gli ex dipendenti del bar non sono riusciti a restare in silenzio. E hanno spiegato che lo stipendio mensile proposto comprendeva in realtà già tredicesima, quattordicesima e Tfr.
E per percepire le mensilità extra, secondo quanto precisato alla versione web del Fatto Quotidiano, l’azienda “obbligava il lavoratore a firmare un foglio dove in sostanza era lui stesso a dichiarare di volerle di ricevere in busta paga”.
Questo perché “includendo gli istituti aggiuntivi nella retribuzione mensile, il netto si alza”. Nel dettaglio, veniva proposto un full time da 40 ore settimanali con uno salario mensile da circa 1400 euro lordi per 12 mensilità, più il trattamento di fine rapporto. Lo stipendio si aggirava così sui 1100 euro al mese.
Gli orari di lavoro
La polemica non è scoppiata soltanto per i soldi, ma anche perché gli orari stipulati spesso non venivano rispettati, sempre a detta degli ex lavoratori.
“Anzi – ha rivelato uno degli ex dipendenti – veniva esplicitamente richiesto già in fase di colloquio di essere disponibili per un orario di lavoro su più turni, il classico spezzato”.
La replica
Dopo il caos generato a Bologna, non è potuta mancare la replica del titolare del locale finito nello scandalo.
Al Fatto Quotidiano ha ammesso di chiedere davvero ai collaboratori, prima di assumerli, di poter pagare loro tredicesima e la quattordicesima spalmate sui 12 mesi. Ma questo “per stare tranquilli e ‘in pari’ con tutti, e per farlo il consulente del lavoro sostiene che dobbiamo avere l’autorizzazione dei lavoratori”.
In merito agli orari di lavoro al di fuori del contratto, il gestore ha precisato: “Non mi pare che venga richiesta disponibilità a farli, ma posso sbagliare. Potremmo averlo forse chiesto a qualcuno ma non ricordo. Però fino ad ora non c’è stata necessità”.