Torino, la confessione agghiacciante dell'omicida di Stefano Leo
L'assassino, un marocchino di 27 anni, non conosceva la vittima: "Volevo ammazzare un ragazzo come me"
Voleva uccidere qualcuno e ha scelto Stefano Leo “perché si presentava con aria felice. E io non sopportavo la sua felicità”. E’ in questi termini, secondo quanto riferisce all’Ansa il colonnello Francsco Rizzo, comandante provinciale dei carabinieri di Torino, la confessione di Said Machaouat, il 27enne che ieri si è consegnato ai carabinieri attribuendosi l’omicidio commesso a Torino in riva al Po il 23 febbraio. Il giovane ha origini marocchine e cittadinanza italiana e si tratta di “un senzatetto che non aveva soldi per mangiare, né per comprare giornali, e non aveva un telefonino cellulare”. Il giovane ha spiegato ai militari che da tempo, a causa delle sue vicissitudini, non riusciva a uscire dalla depressione e dalla sofferenza. “La cosa peggiore – avrebbe detto a proposito del suo passato – è sapere che il mio bimbo di quattro anni chiama papà l’amico della mia ex compagna”.
Il movente del delitto di Stefano Leo
“Il movente che ci viene raccontato fa venire freddo alla schiena”, dice, sempre secondo quanto riportato dall’Ansa, il procuratore vicario di Torino Paolo Borgna dopo il fermo di Said Machaouat, il 27enne marocchino di origini italiane che si è costituito confessando l’omicidio di Stefano Leo. “Volevo ammazzare un ragazzo come me – ha detto il giovane ai pm Ciro Santoriello e Enzo Bucarelli – togliergli tutte le promesse, i figli, toglierlo ad amici e parenti”. Dopo la confessione sono in corso ulteriori indagini. “Anche sul movente – aggiunge infatti Borgna – sono in corso accertamenti”.
La ricostruzione dell’omicidio di Stefano Leo
“Gli indizi raccolti hanno permesso di verificare in gran parte la confessione, ma il lavoro investigativo non si può dire concluso”. Lo afferma il colonnello Rizzo, che ha fatto il punto sulle indagini dell’omicidio di Stefano Leo dopo il fermo del 27enne di origini marocchine, ma con cittadinanza italiana, Said Machaouat. “Già la scorsa notte e questa mattina – aggiunge il colonnello Rizzo – abbiamo cristallizzato la presenza del presunto omicida sulla scena del crimine e stiamo ricostruendo passo passo tutti i suoi spostamenti”.
L’omicida ripreso dalle telecamere
La mattina del 23 febbraio, giorno del delitto, alcune telecamere hanno ripreso il giovane fermato in piazza Vittorio, da dove è poi sceso ai Murazzi. Da lì ha raggiunto il Lungo Po Machiavelli, luogo del delitto. “Il fermato ha ammesso di aver avuto una discussione con una persona incontrata sul posto, seduta su una panchina, che è il testimone da noi sentito”, aggiunge il colonnello Giuliano Gerbo, comandante del Nucleo operativo dei carabinieri di Torino. Il coltello utilizzato è stato nascosto in piazza d’Armi perché lì si trova il dormitorio pubblico dove il fermato dormiva. “La paura di poter riprendere quel coltello e compiere altri gesti lo ha portato a costituirsi”, sostiene il colonnello Rizzo.