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Infermiera ucraina ritrova il figlio deportato in Russia: “Gli hanno detto che ero morta”. La loro storia

Il figlio di Olena, come molti altri minorenni, era stato deportato in Russia in seguito al bombardamento dell’ospedale di Izium, a Kharkiv

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Dall’Ucraina alla Russia per salvare il figlio. È la storia di Olena, infermiera ucraina che ha deciso di volare fino a Mosca per riportare a casa il figlio, deportato in Russia insieme a molti altri minorenni in seguito ai bombardamenti che hanno colpito Kharkiv.

Il bombardamento sull’ospedale di Izium

Olena è un’infermiera che lavorava in Ucraina, nell’ospedale di Izium. Madre di sette figli, ha raccontato in un lungo servizio a RSI (Radiotelevisione Svizzera), ripresa anche dal Corriere, di come, lo scorso 30 aprile, è inconsapevolmente iniziata la sua incredibile avventura.

Come spesso accadeva, a causa dell’assenza di elettricità dovuta ai continui bombardamenti, la madre e il figlio adolescente di Olena l’avevano raggiunta al lavoro, di modo da poter sfruttare parte dell’elettricità della struttura per compiere operazioni necessarie di base in un contesto di guerra, come ricaricare i cellulari.

Infermiera ucraina ritrova il figlio deportato in Russia: “Gli hanno detto che ero morta”. La loro storiaFonte foto: ANSA
Il presidente russo Vladimir Putin, accusato di crimini di guerra per “deportazione e trasferimento illegale di popolazione”

Improvvisamente però, come raccontato dalla stessa Olena, “i russi ci hanno bombardato. Mia madre è morta, mio figlio è rimasto gravemente ferito”. La bomba a grappolo piovuta sull’ospedale aveva causato al ragazzo una lesione spinale e lesioni multiple di organi interni, in seguito alle quali avrebbe dovuto essere sottoposto a un intervento d’urgenza.

L’operazione sul figlio di Olena

“Ero riuscita a vederlo su un lettino, mi avevano detto che lo avrebbero portato in sala operatoria e che poi sarei potuta stare con lui. Ma non è andata così” continua Olena nel suo racconto.

In seguito alle esplosioni, i militari russi hanno fatto irruzione nell’ospedale e portato via diverse persone, tra le quali il figlio della donna, Andrii. Da quel momento, per quasi due mesi, Olena non ha avuto più notizie di suo figlio: “Dalla Russia non ci dicevano niente”.

Ma la donna è infine riuscita a scoprire che il giovane Andrii era stato portato in un ospedale di Mosca dove, in seguito all’intervento alla schiena effettuato dai medici russi, gli è stato detto che la madre era morta nei bombardamenti e che sarebbe stato dato in adozione a una famiglia russa.

La foto del figlio

Per Olena, che nel frattempo non aveva più avuto notizie, sembrava non esserci più alcuna speranza di ritrovare Andrii, fino a quando “degli amici mi hanno mandato uno screenshot di una foto che stava circolando su Viber. Era la foto della carta d’identità di Andrii. A postarla è stata una nostra concittadina, deportata anche lei dalla regione di Kharkiv”.

Olena allora, senza pensarci due volte, è entrata in contatto con un’associazione che l’ha aiutata a organizzare il viaggio verso Mosca per andare a recuperare Andrii. “Non è stato facile arrivare a Mosca – ha detto Olena – Una volta arrivata nell’ospedale ho visto mio figlio sdraiato su un letto, poteva muovere solo il collo e le braccia. Ci siamo stretti e abbracciati”.

Una nuova vita

I due sono rimasti in Russia ancora per tre mesi, nell’attesa che l’associazione riuscisse a organizzare un viaggio di ritorno sicuro. E così è stato, con una nuova vita in Svizzera e la consapevolezza di essere scampati a un destino al quale in molti non sono riusciti a sottrarsi”.

“In quell’ospedale ho visto altri bambini deportati. Una bambina era già stata data in adozione” ha concluso Olena. Che dovrà ora aiutare il figlio a superare i traumi che questa esperienza gli ha lasciato addosso, con la consapevolezza però che nessuno cercherà di portarglielo via.

bombe-ucraina Fonte foto: ANSA
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