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Covid, la ricetta di Cauda contro la variante Mu. Perché è pericolosa

Il professor Roberto Cauda ha parlato dei rischi rappresentati dalla variante Mu, offrendo una soluzione per arginare una possibile ondata

Di: VirgilioNotizie | Pubblicato:

Dopo l’allarme lanciato dall’Oms, la variante Mu rappresenta un motivo di preoccupazione anche se al momento la sua diffusione è piuttosto contenuta. A parlarne, all’Adnkronos, è il professor Roberto Cauda, direttore di Malattie infettive al Policlinico Gemelli di Roma: per lui la soluzione per contenere una futura ondata si basa su più obiettivi, nazionali e globali.

Variante Mu, la strategia secondo Cauda

“In questo momento dobbiamo lavorare su più aspetti. Primo – ha elencato Cauda – cercare di vaccinare quelli in cui la malattia decorre in forma più grave, gli over 50, poi vaccinare il più possibile tutti e quindi arrivare a quella quota che il generale Figliuolo ha indicato nell’80% e non fermarci, vaccinare ancora“.

“Il terzo aspetto – ha aggiunto Cauda – quando saranno disponibili i vaccini per la fascia 5-12 anni e se saranno efficaci e sicuri come noi pensiamo, cercare di vaccinare la quota parte che manca all’appello. Infine cercare di vaccinare tutto il mondo. Non si è mai al sicuro se non si mette al sicuro tutto il mondo”.

Il tema dei vaccini agli under 12, su cui le aziende farmaceutiche stanno raccogliendo i dati per chiedere l’autorizzazione alle agenzie regolatorie, è un tema cruciale per arrivare a garantire l’immunità di gregge. Al momento in Italia ha completato il ciclo vaccinale il 73% della popolazione over 12, e l’obiettivo per fine settembre è di raggiungere almeno l’80%.

Variante Mu, Cauda: “Ha mutazioni che la renderebbero più trasmissibile”

Sulla variante Mu, Cauda ha precisato: “Non è ancora una variante di preoccupazione ma è una variante di interesse. Sappiamo che ci sono numerose varianti che circolano e la loro comparsa dipende dal fatto che il virus, colpendo una platea elevata di soggetti, può andare incontro a una serie di mutazioni”.

La variante Mu, ha spiegato Cauda, presenta “una serie di mutazioni già note più altre mutazioni” della proteina Spike, quella riconoscibile dai vaccini, “che possono determinare vantaggi dal punto di vista epidemiologico in termini di maggiore trasmissibilità e in termini di maggiore severità”.

Cauda: “Variante Mu è sorta in Colombia, che ha una bassa percentuale di vaccinati”

In riferimento a quanto detto dal leader della Lega Matteo Salvini, cioè che “le varianti nascono come reazione al vaccino“, Cauda ha precisato che la variante Mu “è sorta in Colombia, che non è un paese che ha una percentuale di vaccinati tali da far pensare che possa esserci una qualche influenza della vaccinazione, e quindi non c’entra nulla con la pressione vaccinale”.

Cauda ha sottolineato che è importante parlare di terza dose alle categorie più fragili, ma l’esperto è convinto che “la messa in sicurezza del mondo consenta anche a noi di essere in sicurezza, altrimenti continueremo a fronteggiare il problema delle varianti”. E ha concluso: “Non si è mai al sicuro se non si mette al sicuro tutto il mondo”.

Per quanto riguarda la terza dose, una regione italiana partirà subito con la somministrazione dopo l’ok dell’Aifa: si tratta del Lazio.

Terza dose: chi deve farla e quando

Perché la variante Mu è pericolosa: “Altamente resistente agli anticorpi”

Secondo una ricerca coordinata dall’università giapponese di Kyoto, pubblicata in pre-print sul sito bioRxiv, la variante Mu (B.1.621) e la sua versione avanzata (B.1.621.1) sono risultate “altamente resistenti” sia agli anticorpi sviluppatisi dopo l’infezione naturale con il virus originario, sia a quelli indotti dai vaccini.

I ricercatori giapponesi, coordinati da Keiya Uriu e Izumi Kimura dell’Università di Tokyo, scrivono: “Dimostriamo che la variante Mu è altamente resistente sia ai sieri dei convalescenti, sia a quelli degli individui vaccinati con BNT162b2”, ossia il vaccino di Pfizer.

Dallo studio emerge inoltre che la variante Mu è 12,4 volte più resistente rispetto ai sieri dei convalescenti e 7,5 volte rispetto a quelli degli individui vaccinati.

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