Coronavirus, dimessa e di nuovo positiva: il racconto
Ricoverata allo Spallanzani e dimessa venerdì 3 aprile, una 50enne è di nuovo in ospedale perché ancora positiva
È una stata una delle prime romane ad ammalarsi di Covid-19: ricoverata prima allo Spallanzani e poi in un Covid hospital, era stata dimessa dopo due tamponi negativi. Ora si trova nuovamente in ospedale perché ancora positiva. È la storia, raccontata da Il Messaggero, della 50enne Stefania Giardoni, la prima romana contagiata dal coronavirus senza collegamenti epidemiologici con il Nord.
L’odissea della donna, ex commessa di un grande magazzino della Magliana, inizia il 20 febbraio, quando accusa i primi sintomi. La malattia si aggrava e il 9 marzo viene ricoverata allo Spallanzani, dove scopre di essere positiva al coronavirus.
Piano piano le sue condizioni migliorano e il 22 marzo viene trasferita al Covid hospital di Casalpalocco. “I medici – racconta la donna – mi spiegano che non avevo più bisogno di assumere farmaci, che piano piano sarei guarita da sola perché il mio corpo stava reagendo bene e sviluppando gli anticorpi”.
Nei primi giorni nella nuova struttura le fanno due tamponi, entrambi danno esito positivo. Il 30 marzo arriva la negatività, confermata dal tampone del giorno seguente. La 50enne però non si sente ancora bene, accusa un forte mal di testa e delle crisi ipertensive.
La tac ai polmoni e le analisi mostrano però un buon quadro generale e il 3 aprile la donna viene dimessa. I medici “si raccomandano di usare la mascherina in casa soprattutto per me che ho i polmoni indeboliti. La mia convivenza con il virus era finita. In realtà no”, spiega la donna.
Domenica però la 50enne si sente di nuovo male: ha l’affanno e la pressione alta, le si addormentano le labbra e le tremano le palpebre. Il compagno la porta al pronto soccorso del San Camillo, dove rifanno analisi, tac e tampone, che risulta di nuovo positivo. Per la cinquantenne quindi una nuova battaglia con il coronavirus con il quale lotta ormai da quasi due mesi.
Ricordando il caso della iena Alessandro Politi, positivo da più di trenta giorni, la donna si è chiesto “come mai non è previsto che persone negativizzate ma con il rischio di avere ancora una bassa virulenza non vengano indirizzate verso un percorso di isolamento in strutture ad hoc e sotto sorveglianza sanitaria per impedire altri rischiosi strascichi. Tra l’altro: non è meglio fare anche il test sierologico dopo i tamponi negativi per essere certi che il virus sia stato debellato?”.