Coronavirus più buono? Burioni fa chiarezza: cosa è cambiato
Il noto virologo Roberto Burioni ha fatto chiarezza sull'ipotesi dell'esistenza di un coronavirus più buono
Roberto Burioni è tornato a parlare dell’emergenza coronavirus in Italia sulle pagine del suo sito ‘Medical Facts’. Il virologo ha deciso di far chiarezza sull’ipotesi, al momento non suffragata da alcuna prova, della circolazione di un ceppo del virus meno aggressivo. Per farlo, Burioni ha citato il mostro di LochNess, l’Abominevole Uomo delle Nevi, lo Yeti e gli extraterrestri.
Queste le sue parole: “Esiste il mostro di LochNess? Alcuni credono di sì, altri pensano di no. Se chiedete a uno scienziato rigoroso vi risponderà semplicemente che non ci sono prove della sua esistenza. Il che non significa che il mostro non esista. Significa solo che, fino a oggi, nessuno ne ha provato l’esistenza”.
Ancora Burioni: “Quello stesso scienziato rigoroso, se domani venisse fornita una prova convincente dell’esistenza del mostro di LochNess, non avrebbe difficoltà ad ammettere che il mostro effettivamente esiste. La stessa cosa vale per l’Abominevole Uomo delle Nevi, per gli extraterrestri e anche per il ‘coronavirus buono’. Qualcuno è convinto che ognuna di queste tre cose esista, ma non esiste alcuna prova scientifica che ne confermi l’esistenza”.
L’esperto ha spiegato: “Non stiamo dicendo che un virus ‘più buono’ non esiste. Semplicemente che non esiste alcuna prova della sua esistenza”.
Il virologo ha fatto poi il punto della situazione: “È innegabile che nei mesi scorsi la situazione è molto migliorata: per giustificare questo cambiamento è indispensabile immaginare una variante virale meno aggressiva? No”.
Ancora Burioni: “In primavera il virus ha circolato soprattutto in popolazioni molto vulnerabili, in ospedali e residenze per anziani; nelle settimane più recenti nelle discoteche, frequentate soprattutto da giovani in perfetta salute”.
E poi: “La cosa importante da ricordare è che, con misure senza precedenti che hanno visto ognuno di noi come protagonista, siamo riusciti a far abbassare la testa al virus. Abbiamo così creato un bunker anche intorno ai soggetti più fragili. Oltre a questo dobbiamo considerare che in primavera, a causa dell’emergenza, moltissimi casi non venivano diagnosticati, mentre fortunatamente oggi riusciamo a intercettarne la maggior parte; infine anche se non abbiamo un farmaco risolutivo, i medici hanno imparato a trattare meglio i pazienti che soffrono meno complicazioni a causa della stessa identica infezione”.
Burioni ha aggiunto: “Tutti i virus respiratori nei mesi estivi si trasmettono di meno e questo coronavirus potrebbe non aver fatto eccezione. Una possibilità, ancora non provata, è che un’infezione con una quantità minore di virus potrebbe corrispondere a una malattia più lieve”.
La conclusione: “Insomma, il virus per quanto ne sappiamo è sempre lo stesso. Modifiche minime senza nessuna correlazione diretta con un quadro clinico meno aggressivo. Al contrario siamo cambiati noi ed è cambiato di certo il nostro comportamento, molto più attento”.