Covid e influenza, l'allarme di Crisanti sui tamponi rapidi: il motivo
Il microbiologo dell'Università di Padova, Andrea Crisanti, ha parlato della situazione epidemiologica attuale e si è soffermato sul nodo dei tamponi
Ci stiamo inoltrando nell’autunno e con la vita che nei prossimi mesi si svolgerà prettamente al chiuso, locali compresi, potremmo assistere a un aumento dei contagi. Contestualmente inizierà a girare anche il virus influenzale, che potrebbe creare confusione dato che i sintomi sono simili a quelli scatenati dal Covid. Sul tavolo restano i No Vax che non vogliono sottoporsi alla somministrazione del vaccino, ma soprattutto la necessità di ricevere la terza dose, visto che dopo 6 mesi l’immunità del ciclo vaccinale completato cala bruscamente. Di tutti questi temi ne ha parlato, ai microfoni della Stampa, il microbiologo dell’università di Padova, Andrea Crisanti.
Green pass, a cosa serve secondo Crisanti: l’obiettivo
Andrea Crisanti ha parlato dell’effetto del Green pass una volta reso obbligatorio. Secondo lui, infatti, l’obiettivo del certificato verde è quello di “convincere a vaccinarsi, cioè salvare vite”, coinvolgendo anche “le persone paurose, ansiose e psicologicamente fragili, che vanno recuperate senza obblighi e imposizioni”.
Per quel che riguarda i tamponi, il microbiologo ha dichiarato che secondo lui dovrebbero restare a pagamento, “ma lascerei le aziende libere di offrirli ai dipendenti per non esasperare il conflitto”.
Covid e influenza, l’allarme di Crisanti sui tamponi rapidi: il motivo
Il Green pass rappresenta quindi una spinta decisiva, soprattutto in vista della stagione fredda e dell’arrivo dell’influenza. A tal proposito, secondo Crisanti sarebbe preferibile fare più tamponi molecolari che antigenici, visto che i secondi “sono meno affidabili e con l’influenza che fa confusione bisogna mettere in sicurezza i luoghi chiusi. In questo senso i nuovi molecolari distinguono tra Sars-Cov-2 e influenza”.
Covid e terza dose: quanto cala l’immunità e cosa si rischia
Poi, il capitolo dell’immunità. Gli italiani over 12 che hanno completato il ciclo vaccinale nel 2021 rappresentano l’81% della popolazione, ma per Crisanti si dovrebbe arrivare al 90% per avere un equilibrio “che con la terza dose potrebbe diventare buono, altrimenti c’è il rischio inglese”, con decine di migliaia di contagi e centinaia di morti al giorno.
Secondo l’esperto, infatti, l’immunità calerà anche in Italia: lo ha spiegato citando studi in cui è stato dimostrato “che dopo sei mesi la protezione contro l’infezione cala dal 95% al 40% e contro la malattia grave dal 90% al 65%”. Necessarie, quindi, la terza dose: “Non sappiamo quanto duri, ma in altre vaccinazioni vale per anni. Certo pone ulteriori problemi sociali interni ed etici rispetto al terzo mondo, anche se dubito che questi vaccini siano utilizzabili nei Paesi svantaggiati”.
Per Crisanti siamo alla vigilia del periodo più critico proprio in attesa di un rafforzamento dell’immunità per coloro al momento non hanno ricevuto la terza dose: si registrerà tra novembre e febbraio, con un aumento dei contagi.
C’è poi la questione della sicurezza dei vaccini. L’ultimo rapporto dell’Aifa dice che su oltre 84 milioni di dosi somministrate, meno dello 0,02% ha avuto effetti collaterali gravi, che spesso si sono risolti, e 16 sono stati i decessi correlabili: “Numeri bassissimi, che testimoniano la sicurezza dei vaccini, che non possono essere considerati sperimentali dopo miliardi di dosi. Le cure sono palliative ed empiriche, tanto che si muore ancora di Covid. I vaccini evitano malattia grave, ospedalizzazione e morte”.
Galli indagato, il parere di Crisanti
Infine, sulla vicenda che riguarda l’indagine per i concorsi universitari nei confronti di Massimo Galli: “Mi addolora per la grande stima che provo per lui. Difficile esprimersi perché nel valutare i candidati entrano tante componenti: il valore scientifico, l’esperienza didattica, la capacità gestionale e l’interazione con i colleghi. Il sistema italiano è ipocrita e non permette di muoversi facilmente tra questi ambiti. Bisogna eliminare i concorsi e premiare le università e i dipartimenti che si gestiscono meglio, ricreando quel sistema virtuoso che nel mondo anglosassone porta a cercare i migliori”.