Caporalato sui rider, Uber Italia commissariata
La decisione è stata presa dal tribunale di Milano nei confronti della filiale italiana di Uber
Il tribunale di Milano, con una decisione mai presa prima, ha disposto l’amministrazione giudiziaria di Uber Italy, la filiale italiana della piattaforma di delivery americana. Il commissariamento è stato deciso dalla Sezione misure di prevenzione per caporalato e sfruttamento dei lavoratori. Lo ha riferito l’Ansa.
Secondo i giudici, Uber avrebbe “consapevolmente” sfruttato i rider in diverse città italiane, da Milano a Roma fino a Napoli. Al centro delle indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano, c’è il servizio Uber Eats, gestito dalla società italiana che fa capo ad una holding olandese del gruppo Uber.
E ci sono anche due società milanesi, la Frc e la Flash Road City, per le quali formalmente i rider lavoravano, anche se, scrivono i giudici, Uber era “pienamente consapevole della situazione di sfruttamento” dei rider pagati “3 euro l’ora” e “puniti” anche togliendo loro le mance e parte dei compensi.
Consapevolezza dimostrata, come si legge nelle 60 pagine del decreto, da conversazioni e chat tra i titolari delle due società e alcuni manager di Uber (cinque i nomi riportati), tutti indagati per “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.
Uber Eats in una nota ha spiegato di aver “messo la propria piattaforma a disposizione di utenti, ristoranti e corrieri negli ultimi 4 anni in Italia nel pieno rispetto di tutte le normative locali. Condanniamo ogni forma di caporalato attraverso i nostri servizi in Italia”.
Se i rider non rispettavano le “regole” (c’è un decalogo agli atti) e si lamentavano scattavano le punizioni, di cui, secondo i giudici, sarebbero stati al corrente anche i manager Uber (tra loro Marco Vita, “operations coordinator” nell’area di Milano) in contatto coi titolari delle società di intermediazione, parte, per i giudici, della “galassia” Uber. Società che, si legge sempre nel decreto, lavoravano soprattutto con le consegne di “panini McDonald’s” sulla base di una “partnership” tra quest’ultima e Uber.
“Insistevo per avere subito il denaro – ha raccontato un lavoratore – e da quel momento sono stato bloccato”. Blocchi degli account, il cosiddetto “malus”, ossia una cifra da sottrarre alla paga, e la sottrazione delle mance. Erano queste le punizioni e così, si legge ancora, un rider facendo “68 consegne” guadagnava “204 euro”, dopo “turni massacranti”.